venerdì 28 dicembre 2012

Letture - 122

letterautore

Borges – Sicuramente uno dei classici del Novecento, anche alla rilettura. Sicuramente anche antifascista (antiperonista, antinazionalista), nella vita e nelle opere. Ma non filocomunista, per questo evitato dal Nobel? Che sia stato filotortura è infatti un errore, prima che un’infamia. Uno che ebbe la madre e la sorella, per colpa sua, imprigionate da Perón. Pero diceva anche “non sono comunista”, e questo è imperdonabile
 – non è molto che c’era il delitto di leso comunismo, con pene severissime, Borges è morto nel 1986.

Citazione – Serve molto le dittature – Mussolini ne era maestro. L’ultimo che ne ha fatto uso, il Presidente Mao, l’ha trovata a un certo punto pericolosa per se stesso, una sorta di latinorum della rivoluzione. Al punto da vietarne il massimario, il suo stesso “Libretto Rosso” – anche se non per un senso critico libero, ma per il silenzio.

“Citare brani è estrarre aculei da un porcospino”, Marianne Moore di E.Pound, in “Poetry”, 39, ottobre 1931).

Dizione – Pone la maggiore differenza tra fiction e teatro. Un’altra dizione, un’altra lingua, un’altra estetica, molto più incisiva, questa, e duratura. Non c’è una dimostrazione più feconda del potere della retorica che uscire una sera dal farfugliare televisivo e ascoltare un buon attore, i napoletani per esempio, Barra, i Servilo, o anche i vecchi, Albertazzi, Poli. Le sonorità, le rotondità anche, e soprattutto le infinite variazioni del parlato, fino alla ritenzione del suono stesso, alla parola dei silenzi. La voce è non solo il fiore della bellezza di Zenone, è anche come dice Montaigne: che fa vedere, oltre che udire, la poesia.
È un di più o un di meno di verità? È un di più. La “naturalezza” dev’essere anch’essa pensata e architettata per essere trasmessa: non c’è comunicazione se non architettata, compreso quella del coatto.  Ovvero, c’è anche naturale, spontanea, come viene agli attori, soprattutto alle attricette, belle ragazze al più, in televisione, ma allora di nessun impatto, e quindi di nessun significato – se non quello della bella figliola che, come il calciatore con cui si accompagna, vuole comparire: non la si desidera, né suscita altre emozioni.

Editoria – Tornano a moltiplicarsi le incorporazioni, fusioni, acquisizioni. All’insegna del “più grande è meglio”. Un’economia che privilegia la dimensione alla qualità del prodotto. Facendo valere la riduzione delle spese generali e, nel caso dell’editoria libraria, il maggiore peso specifico sulla distribuzione. Ora sempre più online – il gruppo Mauri-Spagnol si è molto avvantaggiato della sua piattaforma online Ibs. L’ultima grande fusone è tra Random House e Penguin, che è quanto dire tra Bertelsmann e Pearson, i due giganti della comunicazione di cui le due grandi case editrici fanno parte.
“È  l’editoria senza editore”, ha commentato l’“Economist”, che pure loda la fusione (ma è una joint-venture, è diverso). “Oggi si rifiuterebbe Kafka”, ha rincarato il “Nouvel Observateur”. Ma Kafka non era stato rifiutato anche al suo tempo(Kafka è un autore postumo, è Max Brod, l’amico che lo “creò” dopo morto)? L’editoria ha poco a che fare con la letteratura, se non per il fatto che pubblica quaranta-cinquantamila libri l’anno nelle varie lingue.

Flashback – È il racconto retrospettivo, di cui Omero abbonda.

Ironia - La narrativa riduce ad aneddotica. Oggi come già nel Seicento, nel tardo Cinquecento, quando pure imperversava. Anche se lievitata, alleviata, al modo già dell’Ariosto, per una lettura multiforme, più fantasiosa che critica, esagerata. Ma buona per gli intervalli: non si cammina senza soste, la libertà è mentale più che fisica.

Italo Calvino la dice prova di depressione: lo scrittore italiano è depresso (perché) quando scherza fa ironia.
Sul tono irritante del falsetto, specie fra ironici – fra ironici si sta in guardia, non c’è da fidarsi, neppure di se stessi.

Marx era ironico: per un Witz avrebbe dato il “Capitale”. Cioè superbo. In tutti i rapporti, anche familiari, il criterio della verità diventa per lui distacco critico: io e gli altri. È la forma più esasperata di egotismo, limitare alla misantropia, il fastidio dell’umana imperfezione.
L’ironia è il suo lato universalmente simpatico, oltre che una grande dote conoscitiva, socratica. Ma è il virus che ne mina la dottrina. Il cristiano si riscatta al confessionale, per quanto ipocrita possa la confessione cristiana essere, il comunista non può pentirsi mai. Pena l’ipocrisia, che è malvagia. Inoltre, ironizzare porta all’insensibilità, non a più conoscenza. Attraverso lancinanti ulcere o gialle epatopatie - soffriva Marx di fegato? Vladimir Nabokov lo vede in aspetto di “traballante e bisbetico borghese in calzoni a quadretti di epoca vittoriana”, il cui “cupo «Capitale»” è “figlio dell’insonnia e dell’emicrania” – ma Nabokov ne condivide il sarcasmo, con punte snob perfino più acute, anche se non sembra possibile.

Italiano – Si moltiplicano le parole italianate per i modelli automobilistici, anche di case asiatiche o tedesche. C’è bisogno nell’ipostasi di parole vocaliche, non si possono fare monumenti verbali consonantici. Ce n’è bisogno nella comunicazione globale soprattutto in Asia. Dove il consonantismo inglese è sofferto, è traumatico (tutti i bambini in Giappone studiano l’inglese a partire dagli otto anni, ma a 15 o 20 pochissimi ne sanno articolare sia pure le parole più semplici, se interpellati rischiano di soffocare, il suono gli si ferma alla glottide).
Delle case tedesche è Volkswagen che adotta i nomi vocali, avendo il suo maggior mercato in Asia. Ma in lingua tedesca ci sono già i precedenti del Settecento, i Tamino, le Pamine, e dello stesso Wagner: il tedesco pure ha bisogno di nomi con molte vocali per poterli cantare – cantare (in qualche modo) melodiosamente.

Natale – Si moltiplicano nel Millennio i “Racconti di Natale”, di scrittori, giornalisti, perfino calciatori e attori. Tutti tristi, tutti contro, quella che voleva essere una festa della vita e della gioia. Ed è una festa religiosa: tutti contro anche la religiosità della festa, appellandosi a saturnali romani. Per una rivalsa personale più che per il senso epocale della crisi – della crisi dell’Europa: in alcuni casi sono stati gli immigrati asiatici a chiedere la festa di Natale, contro le insegnanti.

Romanzo - Una costruzione comunque artefatta, e non necessariamente narrativa – o non è al contrario: l’attrattiva del romanzo è che è “vero” pur essendo totalmente falso? È la pregiudiziale di Borges, che lo ha evitato con spirito polemico, pur rifuggendo dalla polemica e leggendo assiduo romanzi. Borges è più per l’idea, in un punto, con un personaggio, le tre unità aristoteliche trovano le uniche “naturali”. Magari corredata dall’“invenzione circostanziale”, cucita addosso. Per cui può diventare narrativa anche la vita ordinaria (attività, conversazione). Mentre il romanzo è “capriccio laborioso e immiserente” (prefazione al “Giardino dei sentieri che si biforcano”).

Traduzione – Il gioco di parole e il refuso si limitano a traduttore-traditore. Traduzione-tradizione è più facile, e sarebbe più giusto.

letterautore@antiit.eu

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