Giuseppe Leuzzi
Plutarco, a proposito
del “demone di Socrate” e del “Dio indolente”, spiegava così lo stallo che poi
s’è prodotto fra i carabinieri e i mafiosi: “Per i malvagi l’incoraggiamento
maggiore è questo: l’ingiustizia produce un frutto presto maturo e facile da
cogliere, mentre il castigo sopraggiunge tardi, molto dopo che se ne sia
goduto”. Senza un motivo, ma così è: la giustizia arriva sempre tardi.
“Intervallo”, giornaletto
“periodico del Liceo Galileo”, risulta diretto e animato nel 1957 da nomi
meridionali, Chidichimo, Filastò, Impallomeni (Fausta Garavini curava la
“pagina umoristica”). Oggi non sarebbe possibile. Anche se probabilmente i
prefetti, i giudici, i medici e i presidi meridionali con figli non
difetteranno a Firenze. Fallaci e Terzani stessi, che quarantacinque anni fa
convivevano con Chidichimo e le Filastò, se ne meraviglierebbero. Né ai
Vigoriti e ai Pasanisi sarebbe venuto in mente di pensarsi diversi. La storia
va avanti e indietro. È un passo avanti o indietro?
Crocetta dopo Vendola
fa due presidenti di Regione al Sud omosessuali dichiarati. Alla faccia dello
stereotipo. Quanto basta per propiziare l’articolessa d’obbligo dei grandi giornali
sulla rivoluzione del Sud. Rispetto a Germi, a Brancati eccetera. Quanto basta
cioè a condensare un altro luogo comune, dopo il Sud brancatiano, la donna
schiava eccetera (le donne del Sud schiave…). Il “Sud” non può – non deve? –
essere altro che lo stereotipo che gli crea addosso il Nord.
Crocetta che, come
Vendola, è l’esito occasionale di una sinistra in confusione. In un generale
disincanto della politica.
A quando l’articolessa
sul Sud frocio, con le colonie di Capri e Taormina già in pieno vittorianesimo?
Fulminante l’addetta alla
comunicazione di Crocetta, la bergamasca Michela Stancheris, socialista: “Qui
non ci sono le architetture mentali del Nord, dove le differenze diventano un
ostacolo. Se sei un immigrato generi curiosità e non diffidenza”.
“Brancatiano”: un
grande scrittore è impiccato, da Sciascia incluso, al suo personaggio più
riuscito. Con Catania, città industriosa, e la Sicilia. Il gattopardo, il
bell’Antonio, i malavoglia: non si può essere buoni scrittori e riuscire un
personaggio, che si viene subito etichettati. Non si può esserlo al Sud.
Etichettati in senso spregiativo.
Grande fu la meraviglia
di Bixio a Bronte, al numero delle armi che i borghesi assaliti e uccisi nei
moti contadini avevano in casa e non usarono per difendersi. Contro gente
armata solo delle mani. È la borghesia del Sud, avida magari e leguleia, ma
inetta.
Il discorso di Mattei a
Tunisi nel 1960: “La geografia della fame è una leggenda: è legata solo alla
passività, all’inerzia creata dal colonialismo nelle popolazioni autoctone.
Faceva comodo al colonialismo incoraggiare la fatalità, la rassegnazione”.
Cambiando poche parole, mafia per fatalità, posto per fame, il discorso si attaglia al Sud. Anche dopo
cinquant’anni. Mentre il terzomondismo altrove è morto da tempo.
Il collegamento
generale invece, nel discorso di Mattei, è diretto: “Ho dovuto fare anch’io
della decolonizzazione perché molti settori dell’economia italiana erano
colonizzati, anzi direi che la stessa Italia meridionale era stata colonizzata
dal nord d’Italia!”.
Ma è sbagliato (un
lapsus?) il giudizio: “Il fatto coloniale non è solo politico: è anche, e
soprattutto, economico”. È vero il
contrario.
Il problema meridionale non è economico
“Pare dubbio che il
problema meridionale possa risolversi tutto in termini di economia; parrebbe
piuttosto il problema di una vita morale e sociale che possa determinare
un’economia, un modo d’essere”. Corrado Alvaro l’ha scritto più volte, ma nel ricordo
di Rocco Scotellaro, sul libro postumo “I contadini del Sud” (ora in “Scritti
dispersi, sotto il titolo “Biografie meridionali”), con precisione: “Dalla conquista
unitaria in poi, la vita meridionale è tutta nell’illusione del divenire, e di
un divenire improvvisamente miracoloso poiché l’opera di costruzione morale ed
economica di una società non fu intrapresa in tempo, perché uno dei primi atti
dell’unità italiana fu di negare ogni difesa agl’interessi dell’Italia
meridionale artigiana e agricola nella competizione degli interessi nazionali.
La crisi tardò a venire, frenata dalla possibilità di emigrare; l’emigrazione
trovava altrove il suo terreno sociale di lotta e di conquista, e la
possibilità di esprimere una classe di gente media, e la possibilità di vita
per una classe media nel lavoro, nel rischio personale, quale la regione non
offriva. Ed è il cemento che manca alla società meridionale, una classe media
che trovi il campo della sua azione fuori dalla speranza degl’impieghi e dalla
burocrazia”. Ciò che con la Repubblica impediscono le mafie, si può aggiungere.
Dalla “conquista”,
dunque. “Uno dei primi atti dell’unità” ostile. Una “costruzione morale ed
economica” ancora da fare. Se ci fosse una Lega del Sud avrebbe una “miniera” a
cui applicarsi, un vuoto enorme da riempire.
Alipórfuros
L’omerico “alipórfuros”, che Rocci traduce “violetto,
del cupo colore del mare agitato”, è in realtà “purpureo come il mare”. Un po’
come vinaccioso (mostoso, ribollente) come il mare, anch’esso omerico, che Sciascia
ha rovesciato in “mare colore del vino”. Per il mare Jonio, che invece è
chiaro.
Il mare ha peraltro varie colorazioni. C’è pure
un mar Rosso. Camus celebra (“Taccuini 1942-1951”, p. 23) un mare di “acqua del
mattino così nera”. Del mare che guarda a Occidente. Ma nelle parole composte,
del greco come del tedesco, la funzione aggettivale è del primo nome: Weinrot, dice il tedesco, per rosso vino
– Ernst Jünger dice di Weinrot che ha
una dozzina di sfumature diverse, quanti sono i vini (“Diari”, p.507).
Autobio
Adesso che non ho nulla sto bene. Come dice
Rivarol (“Rivarol, massime di un conservatore”, di Ernst Jünger, 82): “L’insignificanza
protegge più della legge e rassicura più dell’innocenza”. Con i beni avendo perso
la stima e la rispettabilità.
Il notabilato è figura ambigua. La
considerazione in realtà accompagna il denaro e il potere. Non c’è altra fonte
sociale – popolare, comunitaria – di rispettabilità. L’applicazione, gli studi,
l’arte sono, al meglio, delle eccentricità.
Una precedente massima (p.67) di Rivarol può spiegare
l’inconsistenza rispetto alle insorgenze mafiose: “Una sicurezza protetta, una
costante inviolabilità dei propri beni e della propria persona, ecco la vera
libertà sociale”.
Il paese è composto da due paesi distinti. Da
tempo uniti fisicamente, oltre che amministrativamente, da un secolo e mezzo. Ma
sempre diversi, e perfino estranei, nelle frequentazioni per esempio, c’è gente
di un quartiere che non è mai stata nell’altro quartiere, o ne conosce al più
la strada principale che li attraversa – la strada statale Bovalino-Bagnara. E
più nelle psicologie sociali, diversamente caratterizzate e fra di loro conflittuali,
l’una pastorale e ribellistica (incostante, umorale, violenta anche), l’altra
urbana, riflessiva, equilibrata. Con esiti diversi nelle attività produttive
(artigianali, professionali, commerciali), e nell’amministrazione pubblica. Si
individuano l’uno o l’altro dei quartieri dalla parlata, dal diverso assetto
sintattico e grammaticale benché nello stesso dialetto. E già dallo sguardo, dalla maniera di porsi.
Entrambi i due paesi sono di origine grecanica.
Entrambi rifugi montani, quasi un nascondiglio, nelle pieghe della montagna. Ma
uno subcolonia di marina, l’altro subcolonia di subcolonia di montagna. Oppure:
uno di origine jonica, subcolonia di subcolonia locrese, l’altro tirrenica. Le persistenze
ono dominanti nelle psicologie sociali.
C’è chi non esce di casa di proposito, per non
incontrare nessuno. Non sarebbe un fatto
eccezionale, e anzi comune, che nei paesi si nota. Ma saperlo è
raccapricciante. Sono persone che se per caso s’incontrano sono normali, comuni,
anche sorridenti.
Pasquale C., e sua cugina M., due vecchi amici,
lei madre e nonna, già professoressa di lettere, lui ex sportivo, ex politico,
quindi socievole, per le spese obbligate quotidiane, il giornale, il latte, vanno
in un altro paese.
Abbiamo il record di longevità. Dovremmo averlo
e non lo abbiamo. Le aree con la massima longevità, l’Ogliastra in Sardegna e
l’isola greca di Ikaria, traggono beneficio da un’orografia erta, che costringe
a salire e scendere all’uscita da casa. Con beneficio dell’ossigenazione, per l’eliminazione
delle tossine. Noi non siamo longevi perché andiamo in macchina. Anche per il
caffè al bar, una pausa nella giornata.