Non che gliene mancassero i mezzi. Si
veda alle pp. 196-197 il fulminante “la buona filosofia politica è generalmente
degli scrittori conservatori”, per il loro realismo politico: “Senza realismo
politico non c’è filosofia (né scienza) dello stato, ma soltanto ideologia (o
utopia)”. Ma non li usa – e confonde conservatore con reazionario. Un “amico”
piuttosto che un maestro, un uomo di buona volontà, una persona sensibile. E
come tale immerso nella politica di ogni giorno. Purtroppo con inclinazione al
pensiero dominante. Da ultimo sul “pluralismo”. Che è all’origine il concetto
costituzionale di La Pira, recepito all’art. 2 della Costituzione a opera di
Moro, come riconoscimento dei molteplici soggetti del diritto, trasformato in mascheratura
della lottizzazione. E su Craxi, Mani Pulite, il compromesso, la destra
(Berlusconi), la guerra “giusta”, quella che cancella il diritto internazionale,
e l’uguaglianza, fuori tema, fuori tempo. Senza peraltro vedere il visibile: la
democrazia “incompiuta”, che sarebbe il vero nodo dell’uguaglianza, e
l’imbarbarimento della giustizia, eretto a trincea della democrazia.
Restano i ritratti, simpatetici:
Einaudi, Moro giovane, Togliatti, Calamandrei – e il Gentile rinegato.
Norberto Bobbio, Dal fascismo alla democrazia, Dalai, pp. 391 € 8,90
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