- la santità,
in una con l’irritualità e l’empietà – si bestemmia liberamente – e il ruolo eminente della femminilità. Con
la produzione di gran numero di santi, soprattutto tra il Cinquecento e il
Settecento – il Sud pilastro della Controriforma?
- la festa,
liberatoria (carnevale, Piedigrotta) e coartante (riti del sangue)
- gli stereotipi, all’origine opera dei toscani, e soprattutto dei
fiorentini
- l’imprenditoria,
che al Sud è d’obbligo dire che non c’è – e l’industria del crimine? delle mafie
ma anche del contrabbando, della contraffazione, del mercato parallelo
- la modernizzazione
- la religione
superstiziosa, tra fatture e jettature – e scongiuri e apotropaismi
costanti: che dovrebbero essere magia,
una disposizione onirica nel robusto Ventesimo Secolo, anzi nel Terzo Millennio,
e invece è realismo faticoso, al limite del sordido.
Il repertorio “antropologico” lo storico
arricchisce con alcuni saggi di microstoria. I baroni Loffredo di Amendolara
nel Cinquecento. La casa dei abroni ci città, cioè a corte (i tantissimi “palazzi”
di Napoli). Un matrimonio borghese a Taranto nel 1960. Le permanenze pre-greche
in Campania. E alcune discussioni di metodologia: sulla storiografia religioso,
sulla storicizzazione del mondo contadino, della famiglia, dell’emigrazione,
dell’amicizia (nei rapporti familiari e nella storia sociale).
Giuseppe Galasso, L’altra Europa, Guida, pp. 576 € 44
Nessun commento:
Posta un commento