venerdì 4 gennaio 2013

Fine-Secolo pre-berlusconiano

Fine-Secolo in ritardo, un po’ spinto un po’ no, sul cocottismo – parliamo di fine Ottocento. Un mondo pre-berlusconiano, non inventato dagli uomini, di giovani donne disponili: finte sensuali e finte ingenue, ambiziose, anche se solo di una “situazione”, case, gioielli, rendite - nella teoria dei cicli, un mondo secolare?
Il godibilissimo racconto di questo tratta, della “bellezza non intelligente”, o “orizzontale”, seppure di un’amica. Con ambizioni colte – è un danno che Proust non sia stato letto sullo sfondo della copiosa letteratura di Fine Secolo, anche se passa per leggera, e lo è, del monde che costeggia il démi-monde, della virtù e la ricchezza che si vogliono pervertire, un poco. Patristiche: “Abyssus abyssum fricat”. Anzi luterane: “Sathan proprio nobis est quam ullus credere possit”. Non  senza qualche punta:  “C’è sempre, sotto un simbolo, un altro simbolo”, Beardsley è “quell’eccellente allievo del Primaticcio”, Eugéne Sue fa godere il popolo col disonore delle sue figlie, in cattivo francese.
Toulet è qualcosa di più, è già fine critico, seppure non di grande respiro, del linguaggio e del costume. Contemporaneo di Proust ma con un’esperienza più allargata del mondo, meno francese, meno parigina, meno Rive Droite. Nato a Pau, era di origini creole. E visse a lungo all’isola Mauritius e in viaggio per i Tropici, prima di farsi giornalista alla “Vie parisienne” – per poi morire a 53 anni, nel 1920, tre anni prima di Proust, alcolizzato e drogato.
Esplicito nei romanzi che invece non sono stati tradotti. “La jeune fille verte”, che fa la casistica della seduzione, nel mentre che indaga la “latens deitas”, o “Monsieur du Paur, homme publique”.
Paul-Jean Toulet, La mia amica Nane

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