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mercoledì 16 gennaio 2013

Gramsci tradito, dalla lingua di legno

Le zampate del filologo acuto e ottimo scrittore non mancano. Si apre il libro con la stupefacente “accettazione-assuefazione al fascismo” di Luigi Einaudi e Piero Calamandrei. Ci sono tante spie dove non uno non se le aspetterebbe. E ci sono i tradimenti tra le fazioni, tra i fascisti come tra i comunisti. C’è a Pisa, all’università, un convegno, nell’estate del 2012, in cui “alcuni giovani ricercatori” attribuiscono l’isolamento e la delazione contro Gramsci in carcere a “ossessioni o ubbie” dello stesso Gramsci” – giovani ricercatori universitari, a un seminario in un’università pubblica, nel 2012, vogliono Gramsci pazzo: il Partito non si tocca. E Tania Schucht, la cognata di Gramsci, sua compagna per quasi quindici anni, che “domina la lingua italiana quasi meglio di coloro che oggi traducono le sue lettere dal russo”?

Canfora fa anche un passo avanti sul “personaggio” Sraffa, finora idolo inconsulto del patriottismo comunista. Dice infine che Sraffa era in contatto col Kgb, nelle sue diverse denominazioni, cosa di cui nessuno di buon senso poteva dubitare, ma anche con l’M15, il servizio segreto britannico. Lo dice però in due righe in nota, una delle centinaia – Sraffa era anche, si trova risfogliando le “Lettere dal carcere” 1965, ben introdotto nel fascismo, nipote del senatore Mariano D’Amelio, primo presidente della Cassazione nel 1927, alla nascita della Cassazione stessa. Gli danno fastidio pure le tante belle e giovani russe (ucraine, lituane) che accudivano i capi del PCd’I, come mogli o segretarie, Alma Lex, Lila Ochočinskaja, Fanny Jezierska, Nina Bočenina. Ma, sembra, solo per misoginia, non s’interroga sul loro ruolo – e quello delle sorelle Schucht?
Poca roba. Il librone è uno stucchevole riciclaggio della solfa sul Gramsci “tradito” dal Pci. In particolare da Ruggiero Greco, alto papavero del Partito, di cui per un tempo fu pure segretario, senatore nel dopoguerra e memorialista. Una storia pubblica dal 1965, quando la lettera di Gramsci a Tania del 15 dicembre 1932, in cui denunciava Grieco, emerse nella nuova edizione delle “Lettere dal carcere”, quella di Sergio Caprioglio e Elsa Fubini. Un tradimento esteso, in questa trattazione, dal carcere alla carcerazione: al mancato espatrio di Gramsci, cioè, e invece al suo arresto. E all’ipotesi che Grieco stesso fosse un venduto, più che un settario o uno superficiale.
Un lavoro sterminato di ricerca, con la filologia pignolissima di virgole e accenti, dove più che altro uno è portato a smarrirsi, ammesso che non si rivolti. Il quarto o quinto lavoro inutile di Canfora sulla questione del Gramsci abbandonato,  dopo “Su Gramsci”, “Storia falsa”, “Gramsci in carcere e il fascismo”. Nel senso che Canfora scopre una cosa che tutti sanno, tutti quelli che vogliono sapere: che Grieco scrisse delle lettere ad alcuni compagni in carcere, Gramsci, Terracini e Scoccimarro, che ne aggravarono la posizione processuale. Come se la giustizia fascista fosse legale, per dirla alla Canfora, uno che da qualche tempo appoggia molto.
Con una novità, però, a questo punto. Desolante è, in tutta la documentazione di Canfora, il linguaggio. Ma compreso quello dell’autore sherlock holmes. Imbrillantamenti compresi, il “piropo gongoriano” (?), il “sedulo” ma poco critico studioso – un cretino. La desolazione della politica è tangibile nella scrittura, non c’è bisogno di prove. Canfora è un comunista atipico, quello che una volta si diceva troskista, non conformista cioè – e inaffidabile, il tipo che può dire tutto e il contrario di tutto. Qui non si smentisce. A un certo punto deride “lo schieramento politico craxiano (dall’«Avanti!» a Sciascia)”. Sciascia craxiano, non sembra possibile. Ma c’è di peggio: lo “schieramento politico craxiano” sosteneva nel 1989 che le lettere di Grieco erano autentiche, Canfora che erano un falso, della polizia fascista. Oggi, dopo essere passato con quattro libri a sostenere la posizione allora dello “schieramento craxiano”, insiste nella derisione, per l’intera pagina 91. Qualche rotella forse non funziona. Ma il bagno nella langue de bois  si vede che è indelebile: comunista una volta comunista per sempre, biforcuto una volta biforcuto per sempre. Poi uno si ricorda il Togliatti di Canfora quindici anni fa, un liberale, e il suo Gramsci quattro o cinque anni fa, uno stalinista.

“La filologia è la più eversiva delle discipline”, così la voleva Luciano Canfora filologo – coraggio!
Luciano Canfora, Spie, URSS, antifascismo. Gramsci 1926-1937, Salerno, pp. 349 € 15


1 commento:

francesco virga ha detto...

La stroncatura del libraccio di Canfora è ineccepibile. Io comunque resto convinto che i brutti libri - anche quando sono scritti da autori noti - è sempre meglio ignorarli. Altrimenti si rischia, anche senza volerlo, di pubblicizzarli!