Un titolo infine veritiero, su quella che fu la materia del
Novecento, la letteratura della memroia. Del poeta psicologo che fa della
verità povera la sua mitologia. “Oraziano”: un racconto sobrio, la vita dei
poeti più spesso è banale. Onesto: per esempio sulla “contaminazione tra scuola
e famiglia”, che passa per democratica ed è frustrante e censoria, “unificando”
(uniformando) le esperienze del bambino e dell’adolescente. Semplice: quando
per esempio spiega “la capacità della
forma
di elevare il banale al sublime” (Fulvio Ferrari nella nota conclusiva, in
aggiunta a quella del traduttore Tiozzo), leggendo a scuola Orazio.
A sessant’anni (oggi ne ha 92), il Nobel 2011 si guarda indietro ,
“la mia vita” , senza pose: “Le prime esperienze restano per la maggior parte
irraggiungibili… ricordi di ricordi, ricostruzioni” – con un inavvertito
esempio, quando ricorda della storia a scuola i tentativi della Svezia di colonizzare
in Africa la Costa d’Oro, oggi Ghana, ma la confonde con Kenya e “Tanganjika”.
Con la passione entomologica di un Jünger, altro cercatore di verità, più
avventuroso, di quel secolo.
Tomas Traströmer, I ricordi
mi guardano, Iperborea, pp. 87 € 10
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