lunedì 7 gennaio 2013

La Colpa è dubitativa per la giovane Germania

“Ma perché non le avevo concesso un posto nella mia vita?” Il protagonista se lo chiede quando lei è morta. L’amore-amante dei suoi quindici anni, che poi, tirocinante legale, aveva incontrato a un processo, ex carceriera di un lager, per questo condannata. Avrebbe potuto salvarla già al processo, in quanto la sapeva analfabeta, e quindi impossibilitata a scrivere, a confessare scrivendo il delitto di cui è accusata, ma non l’aveva fatto. Né la salverà alla fine, quando avrebbe ancora potuto.
Schlink è il giurista-scrittore tedesco che con più costanza si è interrogato sulla Colpa, l’infamia tedesca negli anni di Hitler. In questo romanzo con più vigore grazie alle forti immagini del film di Daldry, che fatalmente emozionano la rilettura – la fisicità di Kate Winslet negli atti dell’amore, e poi da ergastolana. E tuttavia, pur non moraleggiando, senza potersi liberare del fastidio  per la reticente riposta della Germania,che non è andata oltre un’ammissione pilatesca – non c’è una giornata delle Vittime, o della Memoria, o anche solo della Resistenza, in Germania. Anche quando avrebbe potuto senza pericoli, dopo la caduta del Muro – il libro è del 1995.
Un romanzo di struggente identificazione, seppure nel filone morboso del “Portiere di notte” (fare l’amore col carnefice). In una Germania che aveva il più alto tasso di alfabetizzazione al mondo l’ignoranza di Hanna è quella della Germania. O, ancora meglio, l’analfabetismo di Hanna è l’analfabetismo “morale” della Germania. Hanna è dell’adolescente-giurista amante e madre, una grande Germania. La questione della Colpa è dunque generazionale, familiare, e sa di incesto - il solito nodo germanico di Gordio. Un suo compagno di studi lo dice al giurista-narratore al processo di Hanna: “Giudicano quattro sceme per non fare il processo vero alla Germania”. Ma il vero peccato è l’omissione dello stesso narratore.
Bernhard Schlink, A voce alta (The Reader)
Stephen Daldry, A voce alta (The Reader)

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