Schlink è il
giurista-scrittore tedesco che con più costanza si è interrogato sulla Colpa, l’infamia
tedesca negli anni di Hitler. In questo romanzo con più vigore grazie alle
forti immagini del film di Daldry, che fatalmente emozionano la rilettura – la fisicità
di Kate Winslet negli atti dell’amore, e poi da ergastolana. E tuttavia, pur
non moraleggiando, senza potersi liberare del fastidio per la reticente riposta della Germania,che
non è andata oltre un’ammissione pilatesca – non c’è una giornata delle
Vittime, o della Memoria, o anche solo della Resistenza, in
Germania. Anche quando avrebbe potuto senza pericoli, dopo la caduta del Muro –
il libro è del 1995.
Un romanzo di struggente identificazione,
seppure nel filone morboso del “Portiere di notte” (fare l’amore col carnefice).
In una Germania che aveva il più alto tasso di alfabetizzazione al mondo
l’ignoranza di Hanna è quella della Germania. O, ancora meglio, l’analfabetismo
di Hanna è l’analfabetismo “morale” della Germania. Hanna è dell’adolescente-giurista
amante e madre, una grande Germania. La questione della Colpa è dunque
generazionale, familiare, e sa di incesto - il solito nodo germanico di Gordio.
Un suo compagno di studi lo dice al giurista-narratore al processo di Hanna:
“Giudicano quattro sceme per non fare il processo vero alla Germania”. Ma il
vero peccato è l’omissione dello stesso narratore.
Bernhard Schlink, A voce alta
(The Reader)
Stephen Daldry, A voce alta (The
Reader)
Nessun commento:
Posta un commento