Le fasi del gioco, partita dopo partita, sono essenziali. Le
folle, ebbre e non, invadono più spesso il campo, i silenzi del dopopartita
diventano per l’autore assordanti, in senso letterale. Con contorni
sorprendenti. La telereporter che “si illumina” col servizio, poi si spegne:
“La giornalista accende la propria maschera facciale come lo spettatore la tv”.
Mentre “il mondo ingrigisce per gli sconfitti” e “per i vincitori la notte
esplode di possibilità, occhiate, abbracci e danze di giubilo”. Partendo da
Pasolini: “Il calcio è l’ultimo rituale sacro della nostra vita”. Ma, si direbbe, contro le sue intenzioni, stereotipate: curioso
libro.
Hallberg, svedese di Berlino, specialista di Walter Benjamin,
della flânerie, la esercita più
spesso in Italia. “Grand Tour” è un altro suo titolo italiano. Qui riprende le
narrazioni brevi scritte e pubblicate nello stesso 1990, col controcanto di
Fredrik Eklud, scrittore calciatore deluso, allora col titolo di maniera “Il carnevale
del calcio. Viaggio italiano” (il carnevale è in realtà brasiliano: Hallberg
non lo sa, ma scrive in trance dopo i
due golletti di cui l’opulento Brasile si degnò di onorare la Svezia nella gara
d’apertura – “il punto focale latinoamericano, il fondoschiena, irrompe nella
sicurezza svedese”). E ne fa una lettura filosofica, sdoppiandosi in
editore-critico dell’autore-metafisico-suo-malgrado.
La cornice è in realtà una seconda parte, giustapposta. Con un
omaggio a Capri, anch’esso lineare e diretto (l’irruzione volgare di una troupe cinematografica nella naturale
religiosità del San Michele, la residenza di Axel Munthe - nume tutelare,
svedese, dei luoghi), e ai Falcone che si sacrificano per noi. Ma in una terza cornice, molto artefatta, di dolori e sensi di
colpa. Con corrività perfino sorprendenti, tanto sono superficiali.
Chi ha vissuto il Mondiale ’90 come lui - che tra l’altro non è
digiuno di calcio come pretende, tanto da calciatore che da spettatore – ne ha
visto un altro. Un cittadino inglese inerme viene rimpatriato a forza in aereo,
lasciando la moglie, i figli, la macchina e i bagagli in Italia. Bologna non è
bene amministrata perché lo Stato lesina i fondi. A Bologna c’è pure “la prassi
giudiziaria italiana, che ha sempre condannato a sinistra e assolto a destra”. Perché
dire sciocchezze, l’Italia è tanto esotica? E perché dirle quando la realtà offre
ben migliori spunti?
Ulf Peter Hallberg, Il
calcio rubato, Iperborea, pp. 163 € 12
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