In realtà è peggio. Sempre secondo le stime del
governo, infatti, nel 2013 la pressione fiscale aumenterà ancora, portandosi al
45,3 per cento. Cifra verosimile a questo punto per difetto. Monti evita l’aggiornamento
al Def, ma si sa che la pressione fiscale è salita nel 2012 al 45,2 per cento
con l’ennesima rimodulazone dell’Imu, e con le tasse si conti in banca. Così la
stimano Confindustria e Confcommercio. E che salirà attorno al 46 a giugno, con
la riduzione o cancellazione delle spese deducibili ai fini dell’Irpef. A
nessun effetto: il debito aumenta, i servizi pubblici sono tagliati – una forbice che è spia certa di una funzione
pubblica corrotta.
Si direbbe lo Stato concussore (collector) se fosse una mafia. Si
rilancia ora la “lotta all’evasione”, che non si fa normalmente, con controlli
veri. Attraverso il redditometro, un elenco di cento voci incontrollabile, c’è
pure la marca delle pentole. Tacendo che un redditometro è in funzione da vent’anni, a
nessun effetto – eccetto le royalties
al fornitore del software.
La fiscalità legale o effettiva è peraltro più
alta di quella statistica o nominale. Quella sopportata cioè da un euro
legalmente e totalmente dichiarato. Essendo pari al 55 per del reddito, record
mondiale imbattibile – di sei-sette punti superiori ai paesi secondi nella
classifica, Danimarca, Francia,. Svezia. E
al 59 per cento per le imprese, poste per questo di fatto “fuori mercato”, nella terminologia d’uso.
Le stime ufficiali si riferiscono alla
fiscalità apparente, che si misura dal rapporto tra gettito e pil nominale, una
stima che in parte recupera la produzione invisibile o in nero. La pressione
fiscale era nel 2009 al 43,5 per cento. Dal 1992, anno di inizio del ciclo
politico ed economico negativo dell’Italia, è stata sempre al di sopra del 40
per cento.
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