La raccolta è l’avvio di una ossessiva riflessione, postbellica, che si concluderà nel 1935 con la conferenza viennese
“La crisi dell’umanità europea e la filosofia” - tre anni prima della morte, da
tre anni fuori dall’università per essere di famiglia ebraica, benché patriota,
padre di tre volontari della grande guerra, uno morto, uno ferito grave, Elli infermiera al fronte. E confluirà
nel postumo “La crisi delle scienze europee”. Della fenomenologia intesa
come “filosofia della libertà” (Lévinas). Quando l’Europa Husserl vedrà fuori
dell’Europa, negli Usa, e in Africa e in Asia nelle ex colonie.
Questa
è l’Europa del 1922, dopo la “fine della civiltà”, con la Grande Guerra e la
sconfitta della Germania. La guerra che lo stesso Husserl ancora nel 1917,
dopo le battaglie-carneficine di trincea, proponeva insegnando Fichte come “il
destino grande e severo, al di là di ogni immaginazione, della nostra nazione
tedesca”. La sconfitta avrà effetti traumatici duraturi, su Husserl come su
tutta la Germania, in parte in digeriti. Due anni dopo la sconfitta Husserl vedeva
nella guerra “indicibile miseria, non solo morale e religiosa, ma anche
filosofica” – religiosa? morale? non tedesca? E contestava a Spengler il “tramonto”:
“Una fatalità, un destino che ci sovrasta? Sarebbe un destino fatale soltanto
se lo accettassimo passivamente”. Qui, sollecitato dalla rivista giapponese “Kaizo”,
mette a punto e reitera in cinque saggi il progetto di una filosofia come responsabilità. Lo stesso metodo dice
non “esercizio preambolare” ma “responsabilità di sé”. Di cui “l’idea europea”
è “manifestazione esemplare”, e solo essa.
È Nietzsche (“Al di là del bene e del
male”) rovesciato, cinquant’anni dopo e proprio nel momento peggiore dell’Europa: il continente come “penisoletta avanzata dell’Asia”, che “vorrebbe rappresentare a
tutti i costi, rispetto all’Asia, il «progresso degli uomini»”. La filosofia,
nata in Grecia, “è l’entelechìa
propria dell’umanità”. L’Europa è sprofondata, nella guerra e dopo, nella crisi
della sua stessa cultura, ma “deve
necessariamente accadere qualcosa di nuovo”. Husserl vorrebbe una scienza dell’uomo - della
conoscenza, della filosofia - analoga alla matematica per la natura. Ma contro
una visione naturalistica della politica, cioè burocratica.
Oggi, facendo ancora un altro balzo
oltre il fascismo, sarebbe pro o contro questa Ue, per molti aspetti la scomparsa
della “sua” Europa?
Husserl, L’idea di Europa
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