lunedì 14 gennaio 2013

Secondi pensieri - 130

zeulig

Accumulo - “Le feste si chiamano l’un l’altra”, dice Canetti in “Masse e potere”, p. 64. Come le disgrazie. È un’altra casualità, non disgiunta peraltro da razionalità: l’accumulo. Ma molto “napoletano” - lo scongiuro vi ha una notevole parte: la vigilanza contro le “cose cattive”, o destino (il “napoletano” non è fatalista, al contrario).
È un modi di disporsi della realtà. Ma più della volontà. Denaro chiama denaro, cappello chiama cappello, è il motore della volontà, non sono movimenti meccanici, l’attrazione (moltiplicazione) è determinata anche dalla costanza.

Dio – Non si dice nelle religioni monoteistiche. L’islam vieta di pronunciarne il nome, se non a fini rituali. Nell’Antico Testamento ha almeno tre nomignoli. Agita invece il cristianesimo, nelle varie formulazioni dello “spirito” e come forza trascendentale.
C’è un Dio semita e uno “ariano”?

“Non può operare perché è onnipotente e eterno, non può pensare perché è onnisciente, non può muoversi perché è ubiquo e già si trova dappertutto” - H.G.Wells. Forse per questo fa il male.

Dio era già un po’ ebreo via Marx, per cui non possiamo non dirci marxisti. La Storia, come ogni reale, è simbolo dell’occulto Nome Divino, non c’è un prima e un poi nella legge ebraica del mondo. I libri storici erano per Maimonide una perdita di tempo, la quotidiana frequentazione dell’eterno non richiede né ammette spiegazione storica. In un senso è vero: il mito non è storia arcaica, è intemporale. Ma in eterno uguali a sé, come si fa? Gli ebrei con Dio si divertono, la storia è il succo della vita.

Lingua – Borges vuole in una sua poesia che le lingue non si equivalgono, che “ciascuna è un diverso modo di percepire il mondo”. Non è vero, se non marginalmente.  Però è vero che una lingua delinea un perimetro e conferma la tradizione, quindi in parte l’idea che la lingua si fa di se stessa.

Realtà – Il principio chimico di Lavoisier si combina con Krishna quando dice a Arjuna: “L’irreale non è. Il reale non cesserà mai di essere”.
Ma nulla a che vedere col realismo filosofico che vuole tornare in voga.

Sesso – Latita anch’esso ultimamente – gli stessi scandali sessuali stancano più che indignare. Vittima di Freud, del pansessualismo: la fobia ecclesiastica lo proteggeva, la liberazione di Freud l’ha disseccato. È un fatto già discusso e non vale tornarci. Ma Borges lo esclude dall’etica (“Borges al cinema”, p. 60): “Io affermerei che l’etica non abbraccia i fatti sessuali, se non li contaminano il tradimento, l’avidità o la vanità”. È un fatto animale, di odori, colori, istinti.

Sogno – Non è un fatto o evento, è un ricordo: i sogni sono ricordi di sogni. Che all’istante, al momento del risveglio – i sogni vengono nello stato di dormiveglia che accompagna il risveglio, seppure sottintendano durata interminabile quando non ossessiva  - possono essere circostanziati, e poco dopo si ricordano, se si ricordano, per “punte” (pointes) selettive, immagini o detti, che hanno colpito da sveglio. Sono ricostruzioni, e per questo interpretabili. Non per simbologie artefatte ma come convergenze-insorgenze di ansie, paure, attese, speranze.
Thomas Browne vuole che la memoria impoverisca i sogni. Altri ritengono che il ricordo li migliori, li arricchisca, specie di significati. Borges, il maggiore specialista, li dice “opera di finzione”. Per cui “è possibile che, dopo il risveglio, continuiamo a costruire trame fantastiche, nello stesso modo in cui, successivamente, le raccontiamo”.
Che siamo fatti della materia dei sogni (Walter von Vogelweide, Shakespeare, Calderón) è un’altra cosa. È intesa come una arricchimento, non solo poetico, e lo è. E chissà che non siano stati i sogni all’origine delle cose – delle parole, del linguaggio. Perché molte cose sono quello che sono, l’albero, la foglia, la pietra, il gatto, gli altri uomini, ma molte vanno pensate – viste, decostruite,  ricostruite – o inventate: gli affetti, gli umori, le paure, le speranze. Le passioni in genere e il senso morale.

Verità – Ha molti nemici tra i suoi sostenitori accesi. Gli inquisitori, per esempio, quelli dell’ “io so”, le vestali del “sospetto”, preti in genere e giudici.
Ha a paladini più preti-giudici (politici), quelli del sospetto, che preti-preti, quelli di Dio, come si penserebbe.

Verosimiglianza – Il vero non può prescinderne, non può essere inverosimile. Il film “The Reader” racconta una storia “vera” degli anni 1950, di una donna generosa e semplice che inizia un ragazzo all’amore, anche per la mancanza in quegli anni di uomini, e si rivelerà essere una SS di Auschwitz. Doppiamente vera, in quanto il ragazzo sa che la donna non può essere colpevole del delitto di cui è accusata - e lei stessa poi si accuserà - che le vale l’ergastolo (non può aver commesso il delitto perché è analfabeta). Diventa inverosimile, cioè inventato, un romanzo come un altro, perché le immagini grafiche sono in inglese, l’ “Odissea” e tutti gli altri poemi e racconti che il ragazzo legge ala donna, si suppone in tedesco,  hanno frontespizi o si aprono su pagine in inglese. In carcere la donna imparerà a scrivere compitando libri inglese, e scriverà all’ex ragazzo frasi inglesi. Allo stesso modo non è credibile il presidente del consiglio Monti eccellente economista, pedagogo e gentiluomo mentre tutti ne esperimentano gli errori e le non sottili nequizie: non è più verosimile, non può essere vero. 

zeulig@antiit.eu 

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