Non c’è chi non lo veda: la Germania di Angela
Merkel è stata, in questi cinque anni di crisi, la madre di tutte le disgrazie.
Dalle banche tedesche politicizzate, corrotte cioè e pericolanti, i cui oneri ha
trasferito alla Ue, al salvataggio impedito della Grecia per allargare la crisi
del debito europeo. L’Irlanda sì, subito, a un costo doppio che per
la Grecia, la Grecia no. Nel primo caso si trattava di salvare le banche, e
ingraziarsi la potentissima City (“Economist”, “Financial Times”). Nel secondo
di mettere sotto pressione i paesi con un debito alto, tra essi anzitutto l’Italia.
Il cui debito è sostenibile, ma appunto
è alto.
Seppure tra le macerie - la disoccupazione
reale al 15-20 per cento in Italia, Francia a Spagna - Merkel non deflette: si è asservita, per
l’incapacità di Sarkozy, Berlusconi e Monti, l’Ue, e non deflette. Non ne
avrebbe motivo: i conti della Germania vanno bene perché quelli del resto
dell’Europa vanno male, a meno di non essere asservite (bassi salari, orari
alti) alla stessa Germania.
È una Germania sorridente, che onora tutti coloro
che ne riconoscono il primato: targhe, decorazioni, premi insigni. E li invita
a tessere le sue proprie lodi in Parlamento. Dopo aver perso tutte le guerre imperiali del Novecento, ha imparato che il conquistatore deve essere largo di onori, i quisling vanno accolti coi tappeti rossi e non dalla porta di servizio. Ma con lo stesso ghigno con cui è
inflessibile sui suoi interessi a scapito
dei partner europei.
Senza le armi, è riuscito ad Angela Merkel quell’impero
che alla Germania dei cancellieri di ferro è sempre abortito. Grazie alla mediocrità
o l’incapacità dei dirigenti francesi e italiani, Sarkozy, Berlusconi, Monti.
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