Destra-sinistra
–
Una differenza c’è, e si lega alla Modernità quale la viviamo da due secoli e
mezzo, da riportare a “quel grande movimento di idee e di pensiero che anticipa
e accompagna la rivoluzione industriale e il capitalismo, ai grandi pensatori
scozzesi, francesi, tedeschi, italiani del Sei e Settecento, all’erosione o all’abbattimento
violento dell’Ancien Régime, all’asserzione dei diritti dell’uomo e del
cittadino, all’ingresso nell’era individualistica e liberale”. Magistrale - infine
libero? - intervento di Michael Salvati in argomento, su “Lettura” domenica,
per “sistemare” la questione, con l’ausilio di Marcel Gauchet, “Storia di una
dicotomia”, un vecchio testo, rispetto alla limitata (politica) distinzione di
Norberto Bobbio.
Curiosamente, sullo
stesso “Corriere della sera” di cui “Lettura” è il supplemento domenicale,
Pierluigi Battista fa il giorno dopo un brillante elenco delle insignificanze tra destra e
sinistra. Una frontiera che lui stesso, lui fra i tanti, attraversa a ogni
istante, sulle questioni etiche come sul quelle politiche ed economiche, e di
diritto internazionale, di giustizia, di lavoro, generazionali. Ma non c’è
dubbio, come dice Salvati, che “è una retorica legata a un’azione tenace di
difesa dei diritti e dell’eguaglianza”. Uno spartiacque di fondo che continuerà
a riproporsi, almeno “fino a quando resteremo nella Modernità, nell’era storica
che h fatto seguito all’Ancien Régime, fin quando sarà presente l’individualismo
che caratterizza le società contemporanee”. Perché è vero: siamo sempre nella
fase storica successiva all’Ancien Régime, pur tra le guerre totalitarie e le
rivoluzioni.
Europa
–
Muore di se stessa? Il declino è anzitutto demografico. Che è un fatto di
convinzione: non c’è speranza. E poi religioso, cioè ideale.
Da qui forse il
successo della ricetta tedesca, che da quasi un secolo ha rinunciato alla
demografia per l’immigrazione (l’acquisto di manodopera). Ed è approdata all’indifferenza
religiosa e all’amorfismo – quando interessi di bottega non siano in ballo.
Tutto il contrario di quanto ancora si percepisce in Francia e in Gran
Bretagna. Due paesi dove è forte il senso della cittadinanza. La quale è forte
perché si può conseguire – a differenza della Germania (e dell’Italia) che segue
il criterio del sangue e suolo. E dove è forte anche il senso della religione.
Nella Francia repubblicana per esclusione. Che è tutt’altro che l’indifferenza,
anche per il riconoscimento esplicito dell’opinione più fortemente laica e perfino
scettica. In Gran Bretagna per l’inclusione: i primati delle maggiori religioni
hanno un seggio di diritto in Parlamento, alla camera dei Lord, sul presupposto
che la riflessione religiosa si deve considerare parte del processo normativo, in
forma non pregiudiziale ma nemmeno simbolicamente, tanto per dire. Il discorso
che Benedetto XVI andò a pronunciare a Berlino al Parlamento tedesco è caduto
invece nel vuoto – benché il papa stesso sia tedesco.
Google
–
Ha parole “sensibili”, che protegge. Per esempio massoneria, e alcuni nomi
propri (di massoni?). Si posti un testo che le contenga e non verrà pubblicato
subito: sarà visibile sul vostro blog, ma non reperibile in rete. Per un certo
tempo.
Italiano
-
Italiano: una nazionalità serena. Benché divisa, anche dal cibo. In rapporto ai
vicini slavi e tedeschi, a fortissima componente tribale, fino ai tedeschi
minori del Belgio, che l’università di Lovanio hanno voluto divisa a metà,
compresa la biblioteca, e ora non sanno nominare un governo. In rapporto all’immigrazione,
che non è un problema – solo in
Italia (è mal governata, ma allora come tutto lo è in Italia). Per essere stati
gli italiani stessi emigranti, quindi per essere “indebitati”. E per saper
sottostare da millenni ormai alla vicende vaghe della storia, pur al chiuso
dentro il Mediterraneo.
Una “sicurezza”
visibile nell’emigrazione. L’italiano di Malta, di Corsica, di Corfù, di Buenos
Aires, di San Paolo, sa restare se stesso e insieme identificarsi col paese che
l’accoglie. Pure quello di Francia e di New York, benché per generazioni
sottoposto a discriminazioni e angherie, e tuttora soggetto di rappresentazione
negativa - l’irlandese può diventare presidente degli Stati Uniti, un mezzo neo
c’è diventato, un mezzo italiano mai (Cuomo, Geraldine Ferraro e Giuliani non ci
hanno realmente provato per questa tara).
Usa – Ha ballato per Obama all’Inauguration
Day, la festa in piazza della rielezione, e una settimana dopo è stata uccisa a
pistolettate. A quindici anni. Per nessun motivo, per caso. A Chicago, non
all’inferno. Sarà la nostre fine, poiché tutto ci viene dagli Usa? No, è il
diverso senso della morte, della vita e della morte, “inesistente” negli Usa.
Come già nella Roma antica.
La condizione imperiale è tutta politica?
Porta all’inconsistenza-irrilevanza della persona, se non nel quadro generale,
politico.
L’America, paese grandiloquente, ha natura
disincarnata. La retorica stessa non vi è fittizia, è l’unico posto dove i
concetti, alcuni concetti, sono concreti: la nazione, il destino individuale,
la giustizia. È il proprio della democrazia aristocratica: gli Usa sono Roma
non solo per i campidogli e le leggi inaggirabili, la costituzione è
aristocratica. Per il Senato che regola la democrazia: i tribuni del popolo e
il presidente. La stessa elezione del presidente è democratica all’apparenza, è
una cooptazione che si fa patrocinare dal popolo. Nasce da qui il senso del
proprio diritto in quanto popolo, che una volta si chiamava onore,
intrattabile: c’è l’America e niente, poco, altro.
Questo impero è romano per i campidogli, le
legioni, le aquile, i pronai e i peristili non solo, dove di tanto in tanto si
assassinano i cesari. Né solo per la massoneria, che presiedette all’indipendenza
e alla costituzione, con cortei e messe laiche – e le presiederà ancora, la
massoneria si segrega vincendo, a imitazione in tutto del clericalismo: resta
ben massone il dollaro, con la piramide tronca e l’Occhio Vigile nel triangolo,
e il numero 13 ovunque a guardare bene, la liberazione di Lucifero, tredici le
frecce, i rami d’olivo e le olive dell’aquila, le stelle sopra l’aquila, le
strisce dello scudo, gli strati della piramide tronca, le lettere di “E pluribus unum” e “Annuit coeptis” . L’America è romana per la legge, che è semplice e
si applica, non come in Europa. È la democrazia. E per l’orgoglio della
cittadinanza, anche i latini riottosi vi divengono fieri e disciplinati.
È Roma senza la Grecia. Allo stesso modo che
s’è costituita, con la schiavitù, perdurante nella desegregazione – non dei negri,
di tutti. Dominante, sulla natura e il mondo, conquistatrice. E senza chiesa,
malgrado il bigottismo. È un popolo ateo idolatra. Di se stesso: la legge sono
io.
L’America
culturalmente non è Europa, saggia e stanca, stanca per dover essere saggia: molti
equivoci nascono da questa identificazione. L’America è Roma, fin negli
orpelli, il potere dei campidogli, delle leggi, dell’esercito, l’Europa invece
è latina, nel senso che si è modellata sulla cultura romana addomesticata dalla
chiesa, superba ma attendista, e lagnosa.
“Gli
ordinamenti politici pesano più della capacità bellica”: è l’epitaffio di
Pericle in Tucidide, e l’idea del romanizzato Polibio, che i Federalisti hanno
ripreso dando agli Usa un cesare per quattro anni. Dell’Europa l’America ha
mantenuto i fabbri ferrai, che sono i vecchi celti, il gusto di fabbricare.
Anche
la pax americana non è senza
progetto. Anche se Roma, civiltà imperiale per eccellenza, che faceva le
conquiste per mantenerle, non ha mai redatto piani. D’altra parte gli americani,
che con i campidogli e la costituzione, senatoriale e imperiale, vanno
anch’essi piantando sassi ovunque, mai ne
piantano uno che duri. Che sembra che duri. Né si riservano le pietanze buone delle case in
cui entrano, come già gli spagnoli o gli inglesi. Mangiano male, e vogliono che
tutti mangino male, per l’uguaglianza.
astolfo@antiit.eu
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