Il
cardinale Ravasi predicherà da oggi gli Esercizi Spirituali a papa Ratzinger
con Celestino V, prima di Ignazio di Loyola. Il papa “vile” di Dante, poi santo
della chiesa, seguirà dunque Benedetto XVI per sette giorni. L’accostamento incombeva,
è stato il primo pensiero di tutti all’annuncio lunedì della dimissioni del
papa. Ma era anche previsto da Pasolini, si può aggiungere, antevisone
aggiungendo ad antevisione.
Un
Pasolini straordinariamente eversivo, pur nella sua polemica anti-contestazione,
scriveva su “Tempo Illustrato”, il 28 settembre 1968, un peana in onore di papa
Paolo VI, che proponeva scismatico, oppure dimissionario – non da vile, da
fautore della verità, o della rivoluzione. A motivo di un articolo del suo
segretario di Stato, cardinale Cicognani, che chiedeva l’ammodernamento della
Costituzione, “per seguire il ritmo della società in profonda e accelerata
trasformazione”. Su questo presupposto: “In Italia la democrazia è solo
formale”.
Il
poeta (il lungo articolo è nella raccolta “I dialoghi”, pp. 491-5) ci vedeva
“una sovversione”, ancorché legale, e prefigurava anzi uno scisma. Comunque, Paolo
VI si sarebbe staccato dalla chiesa: “O compiere il gran rifiuto, e lasciare il
papato come Celestino V che è stato forse il più grande dei papi (ma certamente
il più santo); oppure scatenare lo scisma, distinguendo, con sé, dal clerico-fascismo
la Chiesa Cattolica”.
Il
papa eretico si leggeva finora come un trovata giornalistica, da column settimanale, il genere
“provocazione” che Malaparte aveva creato coi “Battibecchi”. Ma era
evidentemente una profezia.
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