Questa volta Bernhard vuole farci divertire, in questi suoi ultimi
quattro racconti, ogni tanto mettendo il punto.
Quello che ci si sarebbe aspettato ne “I miei premi” – lo scrittore che il mondo maledice con la prosa torrentizia, è stato il più premiato, tanto da fare una raccolta delle sue autocelebrazioni. Qui lo fa, e sembra divertirsi anche lui, seppure con cattiveria. Il ragazzo di 42 non sa più se con la famiglia si accusa “di mendacio oppure di veridicità”. È difficile: è “un’immensa famiglia filosofica francese allargata a qualche singolo nipote tedesco o italiano di ambo i sessi”.
Nel racconto del titolo sbeffeggia Wittgenstein, di sui si può dire specialista – e Heidegger, senza nominarlo, con i –ci e i –la. Fra i famigli di Goethe che se ne litigano la confidenza, Eckermann, Riemer, Kräuter, “le donne”. Ce n’è anche per Goethe, che non “muore”, stirbt, avverte Elisabetta Dell’Anna Ciancia, la traduttrice, ma schtirbt, smuore. Professandosi, supremo delirio, “il paralizzatore della letteratura tedesca”, non l’animatore, per duecento anni. Goethe cioè il padre, il castratore.
Quello che ci si sarebbe aspettato ne “I miei premi” – lo scrittore che il mondo maledice con la prosa torrentizia, è stato il più premiato, tanto da fare una raccolta delle sue autocelebrazioni. Qui lo fa, e sembra divertirsi anche lui, seppure con cattiveria. Il ragazzo di 42 non sa più se con la famiglia si accusa “di mendacio oppure di veridicità”. È difficile: è “un’immensa famiglia filosofica francese allargata a qualche singolo nipote tedesco o italiano di ambo i sessi”.
Nel racconto del titolo sbeffeggia Wittgenstein, di sui si può dire specialista – e Heidegger, senza nominarlo, con i –ci e i –la. Fra i famigli di Goethe che se ne litigano la confidenza, Eckermann, Riemer, Kräuter, “le donne”. Ce n’è anche per Goethe, che non “muore”, stirbt, avverte Elisabetta Dell’Anna Ciancia, la traduttrice, ma schtirbt, smuore. Professandosi, supremo delirio, “il paralizzatore della letteratura tedesca”, non l’animatore, per duecento anni. Goethe cioè il padre, il castratore.
Si ride ancora con i genitori sadici che impongono ai figli la
montagna, all’alba, in cima alla quale lei suona la cetra e lui dipinge
paesaggi da madonnaro - anche se il racconto, “Un incontro”, è già vecchio dopo trent’anni, noiosamente iterativo. Nell’ultimo racconto, “Andata a fuoco”, il terribile
austriaco fa la macchietta di se stesso, sempre inguaribilmente cattivissimo –
manda a fuoco la sua patria, in sogno, da sveglio: uno che sta bene, fra tutti
i mondi conosciuti della terra, soltanto a Rotterdam, dove com’è noto c’è solo
il porto, non Erasmo per esempio.
Thomas Bernhard, Goethe muore, Adelphi, pp. 111 € 11
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