Tesi equivoca, va da sé. Tanto più che la
scrittrice se ne fa scudo per rigettare l’accusa di essere stata confidente
della Stasi, la polizia segreta comunista a Berlino Est (il libro è uscito nel
2010, dopo la polemica). Cosa che lei invece è stata, seppure per pochi mesi,
anche se l’ha rimossa. Per esserne poi ripagata con un dossier a suo carico di 42 volumi: il comunismo non conosce misure,
il comunismo tedesco. Ma allora perché non dire che il peggio del comunismo
tedesco non era la violenza, o il ricatto poliziesco, ma il degrado morale? Come
si sono riempiti 42 volumi? Per i tanti volenterosi carnefici. Questo però nessun
tedesco vuole dirlo – anche se è il solo fondamento possibile di una
ricostruzione morale, se non politica: la verità.
Perché c’era il comunismo da Berlino a
Dresda? Perché c’erano le truppe sovietiche… E perché Christa fu comunista?
Nata nella Prussia polonizzata, la sua famiglia, in fuga dall’Armata Rossa, si
stabilì in un’area controllata dagli Alleati occidentali. Ma era al di là
dell’Elba, in territorio che la divisione quadripartita assegnò all’Armata
Rossa…
Thomas Mann e Bertolt Brecht in esilio a
Pasadena vi fecero, si dice, la “Weimar sotto le palme”. Christa Wolf si è
trovata bene negli Usa, rispettata e onorata, e vuole ingraziarseli – sono dopotutto
la Frontiera, della lettura: l’aneddotica è divagante ma ottimista, molto yankee. Ma perché poi Brecht e Mann sono
stati antiamericani, anche duri? I
tedeschi sono sorprendenti – li conosciamo poco – ma poco affidabili.
Christa Wolf, La città degli angeli, e\o, pp. 416 € 12
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