La memoria di Grass è puntata sulla
confessione dell’arruolamento precoce nelle SS. Anzi, di più: Grass confessa
subito la pratica di non chiedere, per non sapere – per fingere di non sapere. Dello
zio Franz, padre di quattro figli, cugini molto familiari, fucilato a Danzica dopo l’occupazione, come
tutti gli altri combattenti, per essere stato coinvolto nella difesa del
palazzo delle Poste Polacche, senza che nessuno in famiglia ne faccia poi più il
nome. Del compagno di scuola Wolfgang Heinrichs, che ha il padre socialista e
ascolta radio Londra, per poi scomparire a un certo punto, forse nello Strutthof,
il lager vicino a Danzica, i ragazzi ne conoscevano bene l’esistenza - gli Heinrichs sopravviveranno, passando dalla
Danzica polacca del dopoguerra alla Repubblica Democratica, anche Wolfgang (che
alla riunificazione nel 1991 sarà “valutato”, cioè “ridotto a uno zero assoluto”). O di
Questecosenonlefacciamo, il dolicocefalo biondo da manuale della razza
germanica, compagno di Grass al servizio civile obbligatorio, ubbidiente in
tutto ma non all’uso del fucile, essendo obiettore, e per questo anche lui scomparso, per sempre. Ma
presto lo scrittore se ne dimentica e noi pure.
Leggendo la memoria a distanza, smaltite le polemiche artefatte
del lancio editoriale, sul Grass imberbe volontario di Hitler, c’è umanità in
questa Germania – non insolita in Grass, nella sua burbera polemica
antitedesca. Anche i tedeschi sono bambini, a lungo. E
anche loro mangiano cipolle, sbucciandole, una sfoglia dopo l’altra, e
lacrimandoci sopra come tutti – se non sono cipolle di Tropea. Ma è, involontariamente,
anche una memoria molto informativa, più di molte opere di storia, per quanto
voluminose: i tedeschi sapevano, e non gliene fregava. Degli ebrei, e degli
antinazisti. Anche dei paesi che aggredivano. Anche Grass, all’epoca e per
lungo tempo, prima della “discesa” in politica, nella breve stagione di Willy Brandt.
Grass è sempre pieno di umori e si fa
leggere. Ma, poi, al di fuori di tutto. Non solo delle cose che tutti i
tedeschi non vogliono sapere. Racconta due viaggi in Italia. Il primo, dopo una
delusione d’amore, nel 1947 o 1948, lo dice mai più eguagliato, per emozioni ed
esperienze. A Palermo viene anche accettato all’Accademia di Belle Arti, a
scuola di scultura, la sua grande ambizione, senza i tanti preamboli dell’analoga
Accademia di Düsseldorf. E s’innamora ricambiato di una diciassettenne, Aurora
Varvaro, che poi abbandonerà come tutto nella sua vita. Dichiarando però Aurora
“il mio amore non vissuto ma sopravissuto”, per cinquant’anni. Senza più, anche
se Aurora non è nessuno: è una pittrice e ceramista conosciuta, una delle
personalità di spicco delle Eolie, dove risiede. Solo per la Lettera 22 Olivetti,
sua compagna immarcescibile di lavoro, ne ha tre, Grass si commuove,
dedicandole l’ultimo cajpitolo.
La colpa è degli altri
Più che la confessione dell’arruolamento
volontario nelle SS, per cui è diventata famosa, questa “Cipolla” è un esercizio
in egotismo, l’ennesimo, di Günter Grass. Con la tecnica malapartiana, da lui perfezionata,
del vero-inverosimile, di cui si porta testimone, ineccepibile. Non c’è il
nazismo, non c’è neppure la guerra, c’è un grande Grass. E un po’ la mamma,
poco - liberato, Grass se ne dimentica: non ha “nessuna nostalgia di casa”,
come non ha “nessun senso di colpa”. Il Gruppo ’47 è una manica di burocrati,
poche righe. Le donne sono trasparenti, meri trastulli per sgravarsi, anche le
innamorate, talvolta degnate di un nome. Perfino papa Ratzinger, che Grass si
annette compagno di dadi e di filosofia tra i prigionieri di guerra, è poca
cosa. Il genere confessione non diluito, pesante – τι μοι και σοι si è tentati evangelicamente di dire: che ce ne
frega a te e a me (donna)? così, pare, secondo la traduzione dei Settanta, che
Gesù abbia detto a sua madre a Cana. Tra “Kaputt” e “La pelle”.
Malaparte è dappertutto, nella guerra
perduta e nel dopoguerra di fame. Grass è di suo beffardo, qui come altrove, il
quotidiano trasmutando in assurdo. E il suo “tirocinio” ricorda qui di sfuggita
d’averlo fatto su Döblin, a partire da “Berlin Alexandeplatz”, e per il “turgido
guazzabuglio di tempi narrativi” su Charles de Coster, l’“Ulenspiegel”, oltre
che naturalmente sul “Simplicissimus”. Tutte, eccetto il “Simplicissimus”,
letture da adulto, spiega, grazie alla biblioteca di casa della fidanzata svizzera Anna, poi sua prima
moglie. Ma è Malaparte. Con un più di cinismo. Nell’occhio di vetro del
sottufficiale reduce dalla Russia, che lo mette a guardia del rancio, che
nessuno glielo rubi mentre va al gabinetto. Nelle persone che scompaiono, e di cui
nessuno chiede nulla: lo zio di Danzica, i professori,
i compagni di scuola, i compagni di servizio obbligatorio. Magari denunciati da
“liceali zelanti”. Nelle lunghe teorie di soldati impiccati, nella ritirata,
soldati tedeschi dichiarati “disfattisti” se sprovvisti della “bassa di passaggio”, ragazzi e veterani.
La tela di fondo invece non è detta. Si impiccavano i soldati tedeschi sul fronte orientale per proteggere la ritirata di un generale verso Ovest, verso gli americani. Il generale Schörner, anzi feldmaresciallo, un ufficiale della riserva che Hitler a guerra perduta aveva messo a capo di uno Stato Maggiore del partito Nazista. E in tale veste poi a capo delle armate dell’Est. Un personaggio romanzesco, senza’altro, di cui però Grass non dice nulla - vivrà indisturbato dopo la guerra, a Monaco di Baviera, eccetto una breve condanna, pro forma. Il sordido non manca, ma Grass gigioneggia sul suo “nazisteggiare giovanile”.
Irritante. L’arruolamento volontario non è un colpo di testa. Si fa una domanda. Si viene selezionati. Si viene addestrati, con durezza. Soprattutto nei corpi di élite, le SS militari, Waffen-SS. Si passa per un lento viaggio da Danzica a Berlino, in fiamme per i bombardamenti. Quindi a Dresda, ancora non toccata dalla guerra ma sempre con treni notturni, attardati dai bombardamenti. Ma non ci sono dubbi, né ne insorgono. La divisione che si va costituendo, anzi, s’intitola a Jörg von Frundsberg, capo della Lega Sveva al tempo delle guerre dei contadini (contro i contadini), patrono dei servi di campagna. La tragedia è pettegola. Né manca a Grass, purtroppo, la chiamata di correo: “E poi le Waffen-SS avevano un che di europeo: concentrati in divisioni, volontari francesi, valloni, fiamminghi, olandesi, molti norvegesi, danesi, perfino svedesi neutrali combattevano sul fronte orientale una battaglia difensiva che, così si diceva, avrebbe salvato l’Occidente dalla marea bolscevica”. La Germania alla difesa dell’Occidente: da quale storia Grass la tira fuori (da quella ex post di Kennedy)?
La tela di fondo invece non è detta. Si impiccavano i soldati tedeschi sul fronte orientale per proteggere la ritirata di un generale verso Ovest, verso gli americani. Il generale Schörner, anzi feldmaresciallo, un ufficiale della riserva che Hitler a guerra perduta aveva messo a capo di uno Stato Maggiore del partito Nazista. E in tale veste poi a capo delle armate dell’Est. Un personaggio romanzesco, senza’altro, di cui però Grass non dice nulla - vivrà indisturbato dopo la guerra, a Monaco di Baviera, eccetto una breve condanna, pro forma. Il sordido non manca, ma Grass gigioneggia sul suo “nazisteggiare giovanile”.
Irritante. L’arruolamento volontario non è un colpo di testa. Si fa una domanda. Si viene selezionati. Si viene addestrati, con durezza. Soprattutto nei corpi di élite, le SS militari, Waffen-SS. Si passa per un lento viaggio da Danzica a Berlino, in fiamme per i bombardamenti. Quindi a Dresda, ancora non toccata dalla guerra ma sempre con treni notturni, attardati dai bombardamenti. Ma non ci sono dubbi, né ne insorgono. La divisione che si va costituendo, anzi, s’intitola a Jörg von Frundsberg, capo della Lega Sveva al tempo delle guerre dei contadini (contro i contadini), patrono dei servi di campagna. La tragedia è pettegola. Né manca a Grass, purtroppo, la chiamata di correo: “E poi le Waffen-SS avevano un che di europeo: concentrati in divisioni, volontari francesi, valloni, fiamminghi, olandesi, molti norvegesi, danesi, perfino svedesi neutrali combattevano sul fronte orientale una battaglia difensiva che, così si diceva, avrebbe salvato l’Occidente dalla marea bolscevica”. La Germania alla difesa dell’Occidente: da quale storia Grass la tira fuori (da quella ex post di Kennedy)?
Günter
Grass, Sbucciando la cipolla
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