“Il “Corriere della sera” col direttore Paolo
Mieli, e “La Stampa” della Fiat in singolare coincidenza, concelebrano, cioè
lanciano, la “rivoluzione italiana”. È una parola d’ordine? È un’alzata d’ingegno.
Ma la “rivoluzione” del vecchio e del peggio ci vuole molta sfrontatezza a
proclamarla: una rivoluzione fatta da quattro giudici, in vario modo tutt’e
quattro corrotti, sotto la férula della Dc e d De Benedetti, un affarista, col
sostegno di Agnelli e di Berlusconi, due affaristi super, per riaffermare - annacquando
le riforme politiche e istituzionali chieste da più di un referendum - il più
vecchio, improduttivo e infamante assetto di potere della Repubblica,
ponendosene nel contempo a sacerdote e censore (la furberia del partito di
governo e d’opposizione).
“Ancora più impressionante è la facilità con
cui questa forse si sono sedute sull’onda unga del cambiamento e rapidamente
hanno preso a Governarla. Tutto questo non sarebbe potuto succedere se il Pds
non avesse perpetuato l’equivoco togliattiano, di chi prende il governo della
rivolta per meglio ridurla, disinnescarla”.
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