Computer - Lo scrittore americano Scibona, che dirige
una scuola di scrittura, dice il computer la tomba dei rifacimenti-riscritture:
“Se un pezzo è scritto a mano o a macchina, continua a crescere. Sul computer,
specialmente sulla pagina della stampante laser, che sembra come la pagina a
stampa, appare finito. Perde elasticità. Quando riscrivo una frase sulla
macchina da scrivere, prendo decisioni, quasi consciamente, su ogni parola e
segno d’interpunzione. Sul computer non fai che emendare qualcosa che esiste
già. Sul computer, devi solo stare attento al cambiamento che hai deciso di
fare. Quando invece riscrivi la frase sulla macchina da scrivere, ti ritrovi a
riesaminare ogni virgola e ogni parola, investendo tutto te stesso di nuovo
nell’intera frase”.
Ma chi
scrive a macchina? Se ne trovano ancora?
Don Chisciotte – Nietzsche
lo consiglia all’amico Rohde “non perché sia la lettura più amena, bensì perché
è la più amara che io conosca”. Nietzsche drammatizzava?
Don
Giovanni - Nel lungo poema di Karoline von
Günderode muore, letteralmente, d’amore.
Egemonia – Deriva certamente dalla Führerschaft di Max Weber – scaduto a vezzo intellettuale, da cui Hitler derivò il Führerprinzip. Che a sua volta deriva certamente dall’egemonia di
Platone. Ma Gramsci, seppure la parola potesse essere in quegli anni di uso
comune, ne dà un’altra lettura: “Ogni rapporto di egemonia è necessariamente un
rapporto pedagogico”. E può darsi soltanto in un ambiente culturale plurale: “Non
solo nell’interno di una nazione, tra le diverse forze che la compongono, ma
nel’intero campo internazionale e mondiale, tra complessi di civiltà nazionali
e continentali”. Non nel senso del rapporto tra padrone e servo – non c’è
padrone senza servo – ma degli apporti culturali diversi e tutti pari:
“L’egemonia… presuppone una certa collaborazione, cioè un consenso attivo e
volontario (libero), cioè un regime liberal-democratico”.
In
effetti Gramsci, che molte polemiche nell’ultimo anno ascrivono ad apostata del
sovietismo, è sorprendente.
Francese – È
scomparso dalle librerie internazionali. Alcune hanno lo scaffale tedesco, in
aggiunta all’inglese, ma non più il francese. Le Librerie Feltrinelli lo hanno
sostituito col castigliano – prevalentemente sudamericano.
Nobel – Molti
non ci arrivano per gli odi nazionali – e molti premi, per questo, vanno a
candidati di secondo piano, trascurati nelle guerre civili o meno odiati perché
meno in vista. Quando una prima scrematura è stata fatta dalle varie accademie
scandinave, e c’è un orientamento verso una certa area geografica, l’uso è di
presentire le comunità degli stessi paesi prescelti, letterarie, scientifiche,
mediche, sul nome papabile. Queste comunità non possono decidere l’assegnazione
del premio, ma possono farla fallire.
Il caso più famoso è
quello di Mario Luzi. Il più recente di Claudio Magris. Il penultimo è del
fisico Giorgio Parisi: il premio saltò per le denigrazioni della comunità
“zichichiana”, allargata al Nobel Rubbia, che candidò Luciano Majani.
Majani, poi designato
a capo del Cern di Ginevra per il forte peso che l’Italia, che lo finanzia, ha
nell’acceleratore ginevrino, è stato da ultimo recuperato alla presidenza del
Cnr. Su designazione di Parisi.
È discriminante in
letteratura, “il” traguardo a cui si tende e che si riflette indietro
sull’opera. Un fatto su cui ogni Grande Autore deve confrontarsi: ha avuto il
Nobel, non ha avuto il Nobel. E perché sì, perché no.
Dal premio si
riparte, l’editoria, la critica, i lettori, per sistemare, leggere,
interpretare, gustare la lettura. Un autore, il libro di un autore che stiamo
leggendo. Un tempo i contesti erano le periodizzazioni (il primo, il secondo,
il terzo...), la storia, la società, il comparativismo, l’analisi linguistica
anche, ora il Nobel. Con curiosi effetti di spaesamento, nel Nobel si annullano
la geografia e la storia, anche letteraria.
Paternità –
Saba molto elogia (“Scorciatoie”, 86-88, e 163)
il Foscolo, “Per la morte del padre”, attraverso il De Sanctis, in
sintonia con De Sanctis. Che però elogia un altro distico di Foscolo, di altra
poesia.
Un lapsus freudiano,
direbbe un freudiano: Saba elogia erroneamente il Foscolo via De Sanctis, per
non potersi esercitare lui stesso nell’elogio del padre. Vittima doppia del
freudismo.
Semitismo – È la radice che l’epoca vuole per
l’Occidente: dopo aver allargato la storia greca, nelle sue radici, al Medio
Oriente, la si restringe al nucleo semitico. È il filone degli studi della Black Renaissance Usa e della rinascita cananea - negli Usa il revival negro-africano si combina con quello
ebraico. Ma era stato preceduto da Nietzsche, “Il servizio divino degli dei”,
alle pp. 29-31: “Una dominazione fenicia deve avere preceduto l’ellenizzazione
in Grecia; gli edifici delle città, gli impianti e le istituzioni, così come i
loro dei, i loro culti e le loro saghe, giunsero in parte ai greci”.
Th – Molto in uso in
greco, è vocalico? Giuliano Campioni, nella traduzione di Nietzsche, “Il servizio
divino dei Greci”, che ha curato, “gli thesauroi”
a ripetizione, “uno thesauros”,
“nessuno thesauros”, “lo thesauros”, “allo tesauros”. Molto fastidioso: la filologia può essere inutile. Ma
per il Rocci è una consonante aspirata. Non di quelle che in italiano richiedono
“lo, uno, gli”: la s impura (seguita da consonante), z, x, ps (più
gn-).
letterautore@antiit.eu
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