“Una rivoluzione qualunquista”, vede Berto
alla fine guardandosi attorno. E questo è Beppe Grillo. O: “Il potere piace a tutti, è per questo che si fanno
sempre rivoluzioni”. Ha cominciato con Shakespeare: “In verità,
c’è poco da scegliere tra mele marce”. Il secondo pensiero è: “Ma c’è, poi,
questa libertà per la quale rischio di finire in galera?” Dunque niente di
nuovo nei quarant’anni dacché Berto ha tentato di dare un contributo al
rinnovamento, con una sessantina di micro-saggi: l’Italia segna il passo non da
ora. C’è anche la “condizione di non-speranza totale, quale il mondo non aveva
ma conosciuto prima” – avendo i due sistemi politici, liberale e marxista,
“finoggi lavorato affinché i cittadini fossero più infelici di quanto la natura
non abbia a suo modo stabilito”. Che è esagerato, ma non nella sfiducia verso
la politica (europea).
Di notevole c’è che lo scrittore, passato
per uomo d’ordine se non di destra, argomenta con Mao e la contestazione, Marcuse, Dutschke, don Milani. Anche questo un segno d’immobilità – di anestesia? Forse
è l’irrilevanza del sinistra-destra quando tutto è immobile. La sola novità (sorpresa)
è che Berto vedeva con tristezza la chiesa sconfitta dal comunismo, mentre il
contrario stava per avvenire, da lì a dieci anni. Anticlericale, gramsciano in
più punti, Berto è antifascista a suo modo – che non si saprebbe dire
veritiero, ma certo precorritore: “Il fascismo, non la resistenza”, scrive, “era
stato l’unico fenomeno di base nazional-popolare che si fosse verificato in
Italia dai tempi di Cesare Augusto” - benché gestito a “un livello di prodigiosa superficialità”.
“Da sinistra”, invece, Berto argomenta articolo per articolo l’assurdità di molta parte della Costituzione, e questo è
deprimente. Significa che, malgrado tutto, quarant’anni fa c’era meno
conformismo di oggi – meno sovietismo. O è Berto maoista sornione. La modesta proposta è
l’innesto nel corpaccione qualunquista della borghesia italiana di un po’ di
maoismo. Un misto di volontarismo e Realpolitik nell’accezione di Berto – si
finisce sempre in Grillo. Ma il presupposto è imbattibile, la critica
dell’esistente, da intendere dell’opinione pubblica: “la minoranza attiva e
degenerata della borghesia italiana” che “si chiama radicalismo” è attiva a
produrre “falsa coscienza e falsa cultura”. Una degenerazione incurabile:
“Quando l’intellettuale è preso dall’ambizione di guardare ogni cosa dall’alto
ha perduto, con le qualità umane, ogni possibilità di contatto con gli altri
uomini: non esce da se stesso e dalla cerchia ristretta e selezionatissima dei
suoi pari”.
Giuseppe Berto, Modesta
proposta per prevenire
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