lunedì 11 febbraio 2013

Orazio premio Nobel

Tutti i saggi critici su Tranströmer cominciano dicendo che è il poeta più tradotto. Forse si presta. Ma ci sono gradazioni. La traduzione interlineare di questa antologia, di Maria Cristina Lombardi, misurata, che s’intuisce aderente all’originale, nella metrica se non nella fonetica, è più invogliante delle traduzioni francesi o inglesi. Molto più suggestiva anche.
Tutti i saggi aggiungono poi che Tranströmer è poeta di metafore. Mentre lo si direbbe caratterizzato, almeno in traduzione, da una scrittura piana, grammaticale e verbale, senza ricercatezze, semplice perfino – le metafore non richiedono fulgori?
Maria Cristina Lombardi, nella nota introduttiva, concisa ma sostanziosa, rimarca l’influenza simbolista, da Baudelaire al surrealismo. Ricordando che Tranströmer è stato studioso pianista.
E certamente le forme musicali non saranno estranee alla sua scrittura. Ma non più che per ogni poeta e poesia: metrica, scansione, rima, assonanze, la poesia è musica. Le notazioni di Tranströmer sono a volte in effetti nella vena surrealista. Ma si identificano con una stagione, la seconda della sua storia, dei lunghi elenchi prosastici.
È l’elemento reale, terragno, acqueo, che tracima in ogni raccolta. E un senso dell’espressione non autoriale del poeta, non il creatore taumaturgo del simbolismo: “Stupendo sentire come la mia poesia cresce\mentre io mi ritiro. La forma haiku, impersonale, è invece in progressione costante, fino a caratterizzare le ultime due raccolte. Per una sorta di stanchezza anche, ovvia per lo psicologo di professione quale Tranströmer è stato, contro la parola privilegiando il silenzio. Si può dirlo allora poeta del silenzio, anche sembra un ossimoro. Poeta per poeti, “stanco di chi non offre che parole, parole senza lingua”.
Ciò che Tranströmer sicuramente è, è molto oraziano. Lo dirà anche lui stesso, ne “I ricordi mi guardano”, il saggio autobiografico. Scopre la poesia a scuola, scolaro svogliato, con Orazio: “Consideravo Orazio un contemporaneo… Era così semplice da diventare sofisticato”. La semplicità che affinerà negli haiku: tanti micro Orazio.
È questa una vasta antologia, un terzo dell’opera di Tranströmer, in traduzione e con gli originali. Tre edizioni in poco più di un anno, un miracolo – non infrequente, anche se le tirature sono limitate. Di un Nobel, dunque, oraziano, chi l’avrebbe detto. Sobrio, misurato, preciso. Anche negli incontri, ripetuti, col miracolo. Alla ricerca dell’impossibile “lingua senza parole” – un poeta delle cose?
Tomas Tranströmer, Poesia dal silenzio, Crocetti, pp. 202 € 18

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