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mercoledì 6 marzo 2013

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (163)

Giuseppe Leuzzi

Se il Sud non si ribella, male. Se il Sud si ribella, peggio. Antonino De Francesco, “La palla al piede”, ricorda fra i tanti casi la rivolta di Grammichele, che fu occasione alla stampa nazionale per esibirsi “sulla natura ferina delle inconsulte plebi siciliane”. A Grammichele i braccianti, organizzati dalla Camera del lavoro, lamentando l’inasprimento delle tasse comunali, erano entrati nel Municipio e alla fine avevano dato fuoco al sottostante circolo dei notabili. Le forze dell’ordine, intervenute con le armi, ne avevano ucciso quattordici e ferito alcune decine.
I meridionali sono sempre plebe. Se non sono briganti, sono sanfedisti. O mezzo mussulmani, e africani. Da tempo ora mafiosi.

La donna del Sud
Simonetta Agnello Hornby è una che “più che italiana”, dice, “mi sento siciliana”. E ama raccontare che le piace cucinare per gli amici, in numero di otto: “Otto è il numero giusto, altrimenti non si può conversare”. E che raduna ogni anno la famiglia a Natale: i due figli con le nuore e i tre nipoti, e l’ex marito, padre dei figli, con la sua compagna.
La baronessa fa eccezione per Natale al numero otto, per esercitare il suo ruolo di matriarca. Specie sull’ex marito e la sua compagna.

Nadia Crucitti ha mandato il manoscritto del suo romanzo “Casa Valpatri” a 24 editori, prima di mandarlo a “Famiglia Cristiana”, che glielo ha premiato e pubblicato.

L’harem di Tarantini, molto allegro, le allegre amicizie di Patrizia Vendola con molte allegre giudici, o mogli di giudici, le allegre croniste amiche in esclusiva degli inquirenti. Bari deve avere dato un brutto colpo al Nord, le allegre donne di Bari, alla sociologia della donna del Sud. 

Autobio
Abbiamo fornito bande al cardinale Ruffo, contro i francesi di Napoleone, contro i patrioti, contro i piemontesi, contro Garibaldi. Abbiamo resistito a lungo: ogni Vandea  ci trova infiammati, di radicalismo conservatore. Reazionari o sbirri no. Ma il riflesso è condizionato contro l’ipocrisia e l’inettitudine, che passa sopra a ogni, sia pur civile, calcolo di opportunità, di convenienza: per nulla prendiamo le armi.
Si prendono le armi in genere per un buona causa: la libertà, la dignità, la casa, la famiglia. Noi andiamo in guerra per semplice incazzatura, dalla partita a briscola.

Si viaggi ovunque in Germania, il paesaggio è pettinato al pettine fine, non una busta di plastica né una lattina vanno col vento, nemmeno cadute per caso. Anche nelle campagne remote. Il contadino bavarese, svevo, che era greve, e misurava quarant’anni fa la sua agiatezza dalla montagna puzzolente di concime organico alla porta, ora non scorreggia neppure più, probabilmente, e i boccaloni ingurgita senza rigurgiti. Ogni sasso è rimesso al posto, ogni stucco ricostituito e rinverdito, sui toni forti per fare luce, nero nero, bianco bianco, crema crema. Non costa più che il cemento armato con cui si creano in paese gli interminati palazzoni di mille e duemila metri quadrati – interminabili appunto perché costano troppo. Ma quanto benessere, in quell’ordine risparmioso! Basterebbe poco.

Ciccio C. si arrende, che aveva il motto “non affrettarsi, non fermarsi mai”. Ha fatto per sessantacinque anni il barbiere e non ne ha più voglia. Anche se è in buona salute. Dice che dovrebbe rinnovare la bottega, che non è più in regola con l’ufficio d’Igiene ed è vero – non da ora. Dice che ora fare la barba è complicato, sempre per via dell’ufficio d’Igiene – ed è vero: il rasoio a mano libera è proibitissimo, e il pennello per la schiuma, ora ci vogliono acqua calda, crema prebarba, crema da barba speciale da spalmare, rasoio usa-e-getta, dopobarba con massaggio alla cute. “Poi nessuno si fa più un taglio di capelli, ora li vogliono scolpiti, vogliono la cresta, le mèches...”, e anche questo è vero. Ma il barbiere più non ha voglia del cameratismo che lo ha accompagnato nella lunga giornata, monotona, preferisce stare solo.

È morto Michele, guardia privata dei Versace in montagna, vecchio solido comunista, testimone muto della quotidiana lite tra le due altre guardie private dei Versace, Ciccio e Nato. Ciccio fascista, Nato comunista, dopo essere stati entrambi socialisti, ai loro vent’anni. Ciccio beveva senza complessi, anche la birra. Nato dopo essersi schermito: “Una birra, Nato? “No, grazie, il medico me l’ha proibito”. “Un bicchiere di vino, allora?” “Un bicchiere l’accetto volentieri, grazie”. Alla fine Ciccio avrebbe detto: “Ho perso la guerra ma sono stato al potere vent’anni”. Al che Nato avrebbe obiettato: “Se fra cinque anni non siamo al potere, hai ragione tu”.
Tutto questo “potere” aveva creato una simpatia, muta, con Michele. 

Il timpanaro Saverio D. ritorna a ogni concerto di Santa Cecilia, richiamato senza volerlo dal timpanaro dell’orchestra, Enrico Calini. Alto, robusto, solenne. Autorevole e preciso. Serio sempre. Calini sa essere scherzoso, ma anche lui sempre si propone di tre quarti come Saverio D. E la posizione obbligata dall’epa? Dallo strumento?
È curioso ritrovare frammenti di vita, costanti, ricorrenti, di una persona peraltro poco o nulla conosciuta, sebbene vicino di casa, per un’occasione e in un luogo accidentali, quali il concerto settimanale, a Roma, a molti anni di distanza – tanti, potrebbe essere stata un’altra epoca. Memorie cristallizzate, incistate Anche Calini s’immagina taciturno, seppure disponibile al sorriso – non è necessario ma la presenza più incombe se muta.
La memoria è muta? Non necessariamente, La presenza muta è espressiva nel gesto e nel suono, imponenti, decisi. Di un’esistenza ritratta, umile – quanti colpi può dare un timpanaro?
Aveva tre figli, Saverio, benché di madre che mai fu possibile vedere: Alfredo che è andato via presto, si è sposato, ha avuto figli, non è più tornato, e poi è morto, Tina, che si è sposata in paese, anche lei ha avuto figli, e non è mai più tornata, e Maria, la più giovane. Che è rimasta in casa nubile, benché curata, nutrendo chissà appassionate fantasie. E ora muore anch’essa, sola.
Maria è morta beghina, contro se stessa, recitando lunghi rosari il pomeriggio su una banda preregistrata, una sorta di karaoke. Ci sono esistenze sottili, che più s’impongono nell’assenza.

leuzzi@antiit.eu

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