Una pietra miliare, solida, del secondo Novecento.
Un racconto sempre vivo, superbo. In anticipo anche sulla scrittura
alluvionale, in realtà misuratissima, che si affermerà con Bernhard, come più
propria del raccontare psicoanalitico – che non è il flusso di coscienza
joyciano, ma il racconto che si chiede la ragione del racconto, di agnizioni e
rimozioni. Nonché del new writing
Usa di fine Novecento. C’è anche l’eutanasia.
Una “felicità di scrittura” fatta materia – ben più
del celebrato Parise, per dire, l’altro Grande Veneto. Ma un’opera e uno
scrittore che si trascurano. Per sovietismo (non sarebbe il solo: si potrebbe
fare un’antologia corposa di “uomini oscuri”, oscurati dal sovietismo)?
Giuseppe Berto, Il male oscuro
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