Creditori si è qui di affetto, e lo sono gli uomini, i maschi.
Annientati dalla donna, dal genere femminile – Strindberg si sposò tre volte
ma diffidava (qui scrive mentre divorzia dalla prima
moglie, dopo dodici anni di matrimonio e quattro figli, Siri von Essen, che
aveva divorziato dal barone Wrangel per sposarlo). Una “commedia” talmente
attuale da gelare.
Anche oggi, il femminicidio è in realtà un
uxoricidio - il marito oggi si chiama più spesso compagno o amico o fidanzato,
ma è la stessa cosa. Sancisce con la violenza un’impossibilità per l’uomo, derivi
essa dal tradimento sprezzante o dalla propria inettitudine. Alla fine è sempre
una sconfitta, ma non sempre la partita è dichiarata. In “Creditori” si ride
perché la partita è dichiarata. Da parte del “terzo”, che è l’ex marito
abbandonato, artefice del raggiro. Come da parte di lei, storditamente, e da
parte di lui: si va verso la rovina in allegria. Quasi una storia di corna, da
commedia all’italiana.
In questa edizione, del 1978, Luciano Codignola
spiega il nocciolo della questione come un innesto. Che, se va a male, perde
innesto e fusto. Se non che a volte l’innesto si salva, mentre il fusto muore
sempre. Da qui la figura del creditore: in amore la persona tradita e
abbandonata – che nell’attualità è l’uomo – iscrive mentalmente un credito nei
confronti dell’ex partner, “certo che prima o poi potrà esigere il saldo, per
quanto crudele sia”.
August Strindberg, Creditori
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