mercoledì 20 marzo 2013

Impossibile è l’ordinario

“Nell’impresa scriteriata e arrogante di creare la vita coi segni, la cosa più difficile da riprodurre è la sua densità” O non è il contrario, la vita più spesso è mediocre, la scrittura non può e non vuole permettersela? Il rito del premio Strega, per esempio, che Siti vincerà, con merito indubbiamente, ma dopo un rodeo senza gloria, su una bestia dopata. O l’aneddoto che Siti riprende di Picasso, il quale, invitato a casa di Lacan, scopre “L’origine del mondo” di Courbet e dichiara: “La realtà è l’impossibile”. Per Picasso? Per Courbet no – la cosa all’origine del mondo è peraltro molto disponibile e anche visibile, nel new porn e altrove, in forme anche densamente pittoriche e rinascimentali, la copia, per volgare che sia, è parte della realtà “impossibile”.
Il tema è vasto – è la letteratura. Siti lo risolve con una spiega delle proprie e altrui opere, d’esordio o cogenerazionali, a uso degli aspiranti scrittori. Da ultimo. Dapprima con la semiologia. Poi con gli “alto”: la Totalità, “impossibile”, l’Assoluto, “sepolto nel quotidiano”, il Tutto, e il Mito, la Creazione, la Realtà – nonché Dio, naturalmente, che sempre si nega, in forma di Sacro. Più che una dottrina, uno scritto sul come fare, a funzione pedagogica – come fare a fare. Ma tutto il libriccino, goloso, è barocco: si becchetta molto, varie briciole appetitose, che non si digeriscono. Il realismo suo proprio di Siti è un “realismo gnostico”, ossia “l’orma vuota di Dio”. Punto e accapo. La Stilmischung è “la divisa di ogni realismo” – o non è il realismo una divisa?
Diverso è il realismo nella storia letteraria, quello classico di Auerbach, quello di Lukács, e quello recente, il realismo in senso proprio. Auerbach poneva il realismo nel 1946 - all’inizio di questa storia letteraria, detta del secondo Novecento ma meglio sarebbe detta della Repubblica, poiché molto legata alla politica - non come un fatto di poetica ma della “realtà rappresentata”: Beatrice in strada come diversa da quella di luce fra troni e dominazioni. Siti lo sa ma non è il suo tema. Anche Verga e Zola entrano qui di striscio – mentre manca totalmente Pasolini, e tutto il neo realismo. Quella di Siti è una licenza poetica, totale: un sogno di libertà, anche gli scrittori ne hanno – si penserebbero sempre liberi, ma lo scrittore è un cavallo domestico, l’editoria lo vuole col paraocchi.  
Il reale non è indifferente. E in questo senso è straordinario. Ma non nel senso proprio della parola: la realtà è più spesso ordinaria, regolata, ripetitiva: le stagioni, i cicli, i fenomeni naturali. La letteratura invece non lo è, anche se è reale, e l’arte. Lo sono diventate nel secondo Novecento e in questo inizio di millennio, in Europa, in Italia, in questa loro storia senza precedenti di pace, di benessere anche, ma vissuta nella cattiva coscienza e i sensi di colpa. Al punto da imporre ognuno il proprio minuscolo io, in una prospettiva soggettivistica, anzi da pratica confessionale, che infetta anche la letteratura.
L’autofiction allo Strega
Riprendiamo lo Strega, il premio letterario. Con la sua società di editori, letterati, amici, eccetera. Con Roma e Milano. Col destino della letteratura - o col suo corpo, da prostituta obbligata, seppure attraente e talvolta godibile. Un romanzone. Che tuttavia non si fa perché l’orizzonte è circoscritto e tutto è stato già detto. Anche quello della letteratura, notoriamente senza confini. È per questo che il realismo è, parafrasando Siti, impossibile - dov’è più il realismo nell’orizzonte circoscritto? Nell’esibizione dell’autore. Col limite ulteriore del politicamente corretto, che in questa Italia neo sovietica è costìtuzionale.
L’autofiction può non essere ipocrita. Normalmente non lo è – perché dovrebbe esserlo? e anzi solitamente piena di buone intenzioni, pedagogiche, ideologiche, salvifiche, e di buone cause, contro le mafie, la pedofilia, i femminicidi, e per il partito. Ma è noiosa: la scuola, il paese, il viaggio, l’infanzia abbandonata, il Tiburtino III, Napoli, come Napoli, Tiburtino III, infanzia abbandonata, scuola, etc., senza più nemmeno la vivacità (la sorpresa, lo sdegno, la curiosità) del fatto di cronaca. Gli stereotipi non sono connaturati all’autofiction, ma tutto è stereotipo che non è vero, nella pagina “vissuta”.  
L’impossibile è reale? Il realismo in letteratura è tipicamente verismo in Italia (Verga), naturalismo in Francia (Zola), da ultimo l’inamovibile neorealismo, oggi non più delle borgate e i lumpen ma dei precari, gli immigrati (che però recalcitrano, questa è gente viva), e degli alberi morti. O, andando per archetipi, realista è Dante naturalmente, in tutte le opere, non lo è Petrarca, lo è Chaucer ma non Shakespeare, Pasolini e non Calvino. Lo è la maniera di porsi davanti al reale e non semplicemente di raccontarlo – di crearlo: la letteratura è invenzione.
Resta elegante l’esercizio. Anche qui Siti ha enunciati attraenti: “Realismo è quella postura verbale o iconica.. che coglie impreparata la realtà, o ci coglie impreparati di fronte alla realtà”, “È l’impossibile”, “È un forma d’innamoramento”, “È l’anti-abitudine”, “È il leggero strappo, il particolare inaspettato, che apre uno squarcio nella nostra stereotipia mentale”, “L’incomprensibile è una buona porta per entrare nella realtà”.
Alla seconda pagina è già detto tanto. Anche il suo contrario: “Certe volte, paradossalmente, è proprio l’abitudine (diventata meccanica o inconscia) a cogliere il personaggio in contropiede”. Nonché, indirettamente, una triste verità: la negazione nel canone letterario italiano – nella melassa del canone della Repubblica - della letteratura realistica o burlesca, dal Berni in qua (“realismo come trasgressione e rottura di codici”). Manca l’essenziale, modesto: il realismo è tutto - tutto quello che ci tiene in vita. Platone lamentava che il realismo è la copia della copia. Si lamentava di Fidia? Di Prassitele? L’arte sfugge alla filosofia, sia essa semiologia o scienza
Ma, poi, Siti si diverte. E diverte. Perché questo è: la letteratura è più di una conferenza, di tre.
Walter Siti, Il realismo è l’impossibile, nottetempo, pp. 81 € 6

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