Un addio alla vita amorosa, a 55 anni. Di un lui che è in realtà una lei, Marie de Régnier, nata de Heredia, sposa e figlia dei due poeti dello stesso nome che le storie della letteratura annoverano, l’uno tra i simbolisti l’altro tra i parnassiani. Autore noto per i tanti romanzi leggeri, Gérard-Marie ebbe con la raccolta di cui questa silloge è parte nel 1930 l’ennesimo successo, con dodici edizioni in poche settimane. L’apertura è sul corpo ormai inanimato di chi può dire: “Nessuna donna fu più a lungo amata”. Tante furono le relazioni, maschili (D’Annunzio non poteva mancare) e femminili e quasi tutte celebri, sempre senza riserve, e golosamente impure. La sua “Stele” è la celebrazione del desiderio senza residui: “Ho vissuto senza desideri, e soprattutto senza invidia\...\ ho sognato tutto il mio sogno, il resto è inutile.\ Ho prediletto la dolcezza delle cose passeggere”.
Dopo, Gérard-Marie vivrà trenta e più anni ma nel silenzio. Frustrato anche dalla morte precoce del figlio amato. Ma già qui rinunzia, “poiché triste e divino fu il mio amore terreno”. Senza rimpianto: “… Sempre un soffio immortale\ anima le pietre sconnesse\ e i cipressi, tagliati in punta, scrivono versi in cielo”. Il desiderio residuo è “rivivere un giorno della mia giovinezza,\ un intero giorno d’innocenza e limpidezza”. Che fu quella tempestosa del matrimonio in bianco col poeta in età Henri de Régnier, e dell’amore totale col cognato Pierre Louÿs, che sarà il padre di suo figlio, sposo della sorella.
Versi gnomici, semplici, caustici. “La solitudine è la più sapiente strega\ per ricerare il sogno e alleviare il tedio”. O, nella stessa composizione, “Il ritorno”: “Il fascino misterioso della tenerezza umana\ che mi parla a bassa voce e mi prende per mano”. Tracciando “con misteriose parole, estremo arabesco,\ un epitaffio mutevole quanto me stessa”.
Gérard d’Houville, Il vestito azzurro, Via del Vento, pp. 32 € 4
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