mercoledì 6 marzo 2013

La resistenza delle patate

Perec, figlio di ebrei polacchi immigrati, reitera il teatro dell’assurdo orientale, portato a Parigi da Ionesco, dalla Romania quindi, ma che molto deve alle shtetl ebraiche, i villagetti poveri di ebrei orientali tra Russia e Germania. In chiave più drammatica che comica. In originale “La poche Parmentier”, qualcosa di mezzo tra patata e moche, moscio (Parmentier è il benefico trapiantatore della patata alle porte di Parigi), rappresenta cinque personaggi alla deriva, in uno spazio chiuso, forse una prigione, forse un manicomio, comunque abbandonati a loro stessi, da tempo ormai immemorabile, che vivono inalterata la loro routine di spazzapatate, librandosi a volte ai ricordi, le fantasie, le bugie, a volte amichevoli fra di loro a volte cattivi.
Uno dei pochi testi di Perec, il funambolo della parola scritta francese degli anni 1960, che ancora si rappresentano. Rosi Giordano, che già l’aveva montato in video tre anni fa (“Le patate altre”), lo rirappresenta con una scenografia povera, puntando sulla parola, e sulla presenza scenica dei suoi attori, Maria Teresa Di Clemente, Marco Giustini, Monica Maroncelli, Maria Enrica Prignani, Adriano Rosati. Ognuno con un suo modo di essere sula scena, a ulteriore sfaccettatura della tenue trama. Col dettagliamo irreale che fa la cifra di Perec, alchimista della parola che si riascolta e si rilegge ogni volta con sorpresa: venticinque milioni di ettari sono dedicati alla patata, durante la guerra è stata utile, serviva come tampone per i timbri sui documenti falsi….  
Georges Perec, Il posto delle patate, regia Rosi Giordano

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