Capolavoro - È accidentale?
Ibsen lavorò e rilavorò molto su “Imperatore e Galileo”, il dramma d Guliano
l’Apostata, considerandolo il suo capolavoro, che nessuno ricorda.
Nel Novecento c’è il capolavoro costruito, l’opera di una vita, la
“Ricerca”, l’“Ulisse”, ma la revisione critica forse dirà altro – esaurita cioè
la carica d’innovazione.
Classico - Sta per
misurato. Ma la misura è non inventare la realtà, pur inventando. I classici,
ha scoperto Tocqueville in America, sono aristocratici: scrivono per pochi, di temi
scelti, e curano i particolari. Con opere peraltro non “irreprensibili”, poiché
“ci sostengono dalla parte verso cui propendiamo”.
Ogni
testo non ha sostanza se non mutevole, compresa “la famiglia confusissima e
zingaresca dei codici di Platone”, avrebbe detto il non citabile grecista Coppola,
fascistissimo, ma il fatto è quello, già al tempo di Petrarca. L’Enciclopedia, che fa il nostro mondo, il
mondo contemporaneo, è quella dello stampatore Le Breton. Che tagliava e cuciva
per sue esigenze d’impaginazione, risparmio, legalità. Diderot lo scoprì un
giorno che volle leggere in bozze un suo articolo della lettera S. Non pro-testò
per non figurare responsabile dell’opera. Ma non protestarono neanche gli altri
autori. E i classici iperdistillati non sono passati per schiere di copisti incolti,
burloni, ebri?
Sono
classici per l’autorità di un grammatico oscuro, quali cose appartenenti alla
prima classe dei cittadini, fra le cinque in cui l’ordinamento timocratico, in
base al patrimonio fondiario, di Servio Tullio aveva diviso i romani. Dei
latifondisti, insomma.
D’Annunzio – Fu diverso. Se
ne celebrano i centocinquant’anni della nascita e si viene portati
automaticamente a pensare che anche lui è nato, è cresciuto, è stato
adolescente, giovane, ha avuto i capelli, si è innamorato, prima di diventare
impresario di se stesso, di fare della sua vita un (piccolo) teatro. Si studia
il caso – sainte-beuviano – dell’opera da legare o non alla vita dell’autore.
Mentre siamo, da un secolo e mezzo ormai, nel caso dell’immagine, che oscura
(prevarica) la persona e l’opera.
D’Annunzio è il caso macroscopico nelle lettere italiane
dell’immagine che cancella l’uomo, e perfino lo scrittore. Sia pure l’immagine
voluta e curata dall’autore. Siamo abituati a vederlo imbalsamato dopo Fiume,
al Vittoriale, tra oppiacei e performances
sessuali, probabilmente senza denti, mentre è stato giovane, e molto
intellettuale – ha scritto almeno duemila pagine di articoli di varia natura,
politici, letterari, e perfino economici.
Se ne può fare però solo una macchietta. Come da ultimo nello
sceneggiato Rai su “Trilussa”: il regista Ludovico Gasperini, ottimo per tutto
il resto, la recitazione svelta di Michele Placido, le scenografie, il
montaggio, e un’incredibile Valentina Corti, che da sola fa tutta la storia, non
sa evocare D’Annunzio, malgrado le celebrazioni del centocinquantenario, che
come un cretinetti.
Grillismo - La semantica è probabilmente il
mezzo migliore d’identificazione – del movimento di Grillo come di ogni altro,
per la verità, le parole sono pietre. Raffaele Simone lo assimila oggi al populismo. Traccia su
“Repubblica” le coordinate linguistiche del populismo, e le trova sovrapponibili
al grillismo: una cornice d’immediata identificazione (la “guerra”, la “rivoluzione”),
i nomignoli che ridicolizzano gli avversari, l’irrisione, lo “stile pubblico”
eccessivo. Che però sono le caratteristiche dei totalitarismi, in Italia del fascismo,
compresi gli eccessi pubblici (anche Mao nuotava, mentre Mussolini mieteva – o saltava
il cerchio di fuoco?). Il populismo caratteristicamente si nega - si camuffa,
si trasforma. Curioso transfert, per uno studioso dei linguaggi. Ma forse non è
un lapsus – il politicamente corretto vuole in questi giorni il recupero di
Grillo?
Le caratteristiche del fascismo per la verità sono sei: ci sono
anche “il capo ha sempre ragione”, e le bastonature. Quella però nel grillismo
c’è, e fondamentale. L’altra non ha più luogo d’essere, la giustizia sommaria
si fa indolore, via internet: l’avversario si punisce col vituperio, le bastonature
sono mediatiche.
Nel caso di Grillo il calco del
fascismo, quello “puro e duro” e non quello delle barzellette, si doppia anche
col programma, come questo sito ha spiegato: la “sovranità monetaria”, il
proibizionismo, l’anticapitalismo, l’antiamericanismo, Israele, l’Iran. Sono il calco della destra incorrotta,
quella che Julius Evola rivendicava: “Il
fascismo non è di destra”.
Narrazione – Ha vita propria. Ma in orizzontale. Una tessitura larga, piana,
visibile. Non la storia che fa avanti e indietro, la freccia, ma un prato.
Scrivere - È una professione
non da ora, per i giornalisti, i
notai, anche gi avvocati, e gli stessi ingeneri, fisici, chimici. Ora è una
professione, anche molto vasta, per autori. – per scrittori. Le scuole di
scrittura sono fra le idee di “mercato della cultura” tra le più sfruttate.
Solo in Italia ce ne sono almeno diciotto – più i seminari e i laboratori e
costo ridotto. Si organizzano tornei di
scrittura, qualcuno anche gratuito. Si moltiplica l’autoedizione, a costi anche
irrisori. Giocalibri ora lancia il libro scritto a quattro mani - due che non
si conoscono si lanciano l’uno con l’altro un capitolo di un romanzo, l’ars
combinatoria applicata alla scrittura.
Il
realismo aiuta a scrivere, non c’è idealità nella scrittura, anche se ai classici
si dà questo privilegio. La scrittura nomina le cose, dice bene Roscellino: Ma
non bisogna esagerare, la retorica non ha censore peggiore dei suoi eccessi.
Storia - Non è
una macchina calcolatrice, si dispiega nell’immaginazione, e prende corpo in risposte
multiformi. Ma gli storici hanno le loro colpe. L’umanità si muove in modo
continuo, anche se vario, mentre per capire le leggi del suo moto gli storici
usano unità arbitrarie, discontinue: epoche, stadi, periodi, percorsi. E così,
conclude Tolstòj, “ogni deduzione della storia si dissolve come polvere”.
È come se si volesse coprire con la storia
la realtà: si fanno appelli, s’invocano leggi, si creano fatalità. Si può
sperare di capire le leggi della storia “solo ammettendo all’osservazione unità
infinitesimali, il differenziale della storia, le inclinazioni omogenee degli
uomini”, concede il conte. Che però ammonisce: “La
stranezza e comicità della nuova storia è
l’essere simile a un uomo sordo che risponda a domande che nessuno gli fa”.
Ogni storia è nuova, ed è
nota.
letterautore@antiit.eu
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