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Dante – Umanizza l’aldilà (l’eternità) - è questo che Benigni, guitto, evidenzia, ma è così, lo è sempre stato malgrado tutto, alla lettura.
Questa – quella della “Divina Commedia” – è una lettura anche teologica, teologicamente diversa, l’umanizzazione cioè dell’aldilà (nessun aldilà se non umano). In particolare, colma la faglia che la figura del Cristo prospetta, di un Redentore che crede nell’inferno e anzi lo minaccia - un Salvatore che introduce la dannazione eterna ha disturbato e disturba mollti, anche cristiani (anche se poi non è così).
Internet - Il flusso di coscienza dilaga su Internet, ma per fortuna in pillole.
Passione – Bach vuole Cristo baritono nella “Passione secondo san Matteo”. E lo fa cantare impervio. Irritato, anche. Si scioglie solo quando parla al Padre, memoria non ingrata a Johann Sebastian – mentre i discepoli. Inetti, arruffoni, sono le accozzaglie di giovanotti che doveva addomesticare per quattro soldi nelle scuole dei principi, o la sua stessa figliolanza, numerosa e riottosa – eccetto il più piccolo, che diventerà italiano, “Giovannino”, prima che inglese.
Pinocchio - È curioso che non sia un personaggio analizzato dalla letteratura psicoanalitica, benché vasta. È rivelatore (lapsus)? Con l’eccezione di Servadio, che però, grande massone, ci vedeva simbologie massoniche. E quella tutta di scuola di Iakov Levi (online, sul sito psicoanalisi.it, o maranola.it/pinocchio), che dice tutto cioè e niente. Suzanne Stewart-Steinberg, che infine ci prova con una corposa ricerca, “L’effetto Pinocchio”, ci scopre numerose “evidenze - Pinocchio è come la lettera di Poe che nessuno vede perché è squadernata. È l’italiano-che-non-si-fa, secondo la conclusione della stessa studiosa (ci arriva dopo aver letto il leggibile in fatto di “italianità”, dalla Serao alla Montessori, da Sighele a Lombroso). Ma è anche, di suo, spiega Stewart-Steinberg a Pierangelo Garzia (l’intervista è online), “ribelle laico” e “Cristo moderno e popolare”, burattino ma capace di decisioni, un ragazzo sventato e un adulto riflessivo, credulone e inventivo. Il personaggio unico di un libro “allo stesso tempo fin troppo leggibile e profondamente illeggibile”.
Calvino lo vuole un pìcaro, “l’unico vero pìcaro della letteratura italiana”, seppure in forma fantastica. Un modo come un altro per non dire nulla – in un articolo-saggio pubblicato su “Repubblica” nel 1981, “Ma collodi non esiste”, 19-20 aprile 1981, e non ripreso nelle raccolte successive. Le avventure di Pinocchio, spensierate tanto quanto drammatiche, Calvino liquida come “tipiche di questa figura letteraria” – che, aggiunge, non registra grandi presenza nella letteratura italiana.
Calvino ha molte pagine anche buone sulle fiabe e i racconti per ragazzi, di cui era un amatore, e un fertile collazionista. Ma non su Pinocchio: non amava il burattino, che forse lo metteva a disagio?
Profetismo – “La caduta dell’America” è poema d Allen Ginsberg del 1972. Molto ben argomentato, specie sulla distruzione dell’ambiente. Di cui però l’America si è fatta la salvatrice – già al tempo del poema, e con Nixon… – promuovendo la normativa nazionale e internazionale a difesa. Dopo quarant’anni l’America è più potente e meglio messa.
Il poeta diventa profeta, più che per la capacità antevisiva (di previsione), quando la sua stessa forza, la capacità di convincimento legata alla sua persona e alla sua parola, diventa reale. Pasolini ne è il caso più illustre. Il suo “io so” ha influenzato l’epoca, e resta vivo, anche se ingiusto (forse in toto). L’io so di cui molti suoi epigoni si dilettano non ha rilievo – anche se in più casi ben argomentato.
Storia - Goethe la cancella in un momento di stanchezza, negli ultimi anni, nel secondo “Faust”, 11596-11603: “Passato’! Che parola stupida!\ Perché ‘passato’?\ Passato e puro nulla sono un tutt'uno.\ E perché allora questo continuo creare?\ Per travolgere\ nel nulla quello che è stato creato?\ ‘È passato!’ Come dobbiamo\ concepire questa parola?\ È come non fosse mai stato\ eppure vi giriamo in tondo, come esistesse.\ Se fosse per me\ preferirei al passato\ il vuoto eterno...”.
Il nichilismo teutonico non poteva risparmiare Goethe. Che così si cancellava, questa presenza così ingombrante, in Germania e non solo, ancora per un paio di secoli fino a oggi.
Traduzione - Tradurre l’ “Ulisse” di Joyce è impossibile per Borges., Le traduzioni letterali sono brutte, perché traducono il senso, là dove in inglese “ci sono come dei versi, e comunque dei ritmo molto felici all’ascolto”, che in traduzione sono soltanto turpi: “ Mentre le tante parole composte appaiono artificiose o troppo ricercate” – ma solo in traduzione?
sabato 30 marzo 2013
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