venerdì 22 marzo 2013

Lo spread freddo

Ci sono state le elezioni, con due mesi di vacanza di governo. Le elezioni hanno prodotto Camere bloccate, con possibilità minime di formare un governo. In più l’Italia ha bisogno di una deroga al patto europeo di stabilità per allargare la spesa e attivare la domanda, come rimedio contro la recessione. E la ottiene. E lo spread non si acuisce, anzi si riduce.
C’è tutto per attendersi una catastrofe e invece i mercati danno fiducia all’Italia. E lo spread non è l’unico della “dei mercati”. Milano è la piazza finanziaria migliore in Europa, mentre le altre segnano continui ribassi.
È la conferma che la fiducia è relativa. Come lo spread, la mancanza di fiducia. Sono relative allo stato delle altre economie europee. Si conferma cioè la concorrenzialità intra-europea all’interno dell’euro, che difficilmente si può dire moneta comune.
Ci sono tanti euro nazionali quanti sono i debiti dei singoli paesi. Anzi, non ci sono debiti nazionali sostenibili – entro certi limiti, certo – o insostenibili: il debito di ogni singolo si giudica in raffronto agli altri, dentro lo stesso euro.
La Germania, per esempio, non ha un debito migliore di quello italiano. Ce l’ha anzi superiore, e meno “sostenibile”. Ha marciato per un paio d’anni a spese dell’Italia (della Spagna, del Portogallo, eccetera), finanziandosi a meno dell’1 per cento. Ma ora non lo può più, i suoi fondamentali stanno emergendo deboli. E così “migliora” il debito italiano. 

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