giovedì 14 marzo 2013

Mameli col papa - contro Grillo

“In piazza san Pietro la folla intona l’«Inno di Mameli»”, annuncia il tg dopo la fumata bianca per il papa Francesco. Proprio mentre sul divano si scorre la smilza antologia – Mameli morì di ventidue anni - degli scritti politici dell’autore di “Fratelli d’Italia”. Uno che venne a morire sopra san Pietro, ferito al Gianicolo dai francesi del papa. Di cui i tre-quattro scritti in materia di religione si rivelano a sorpresa nuovi, e più per uno che era repubblicano mazziniano. Il ’48, l’Italia repubblicana e popolare, si giocò da ultimo a Roma, venuti meno via via il Piemonte, Milano e Venezia, con una rivoluzione “più vasta, più profonda e severa” di quella francese, afferma il giovane patriota: “Essi in nome del popolo, noi in nome di Dio e del popolo”.  Vasta ambizione da cui ancora non si esce. Dio e popolo sono necessari per Mameli per sopperire ai “tradimenti” (opportunismi) della borghesia.
Mameli è uno sconosciuto, ancora oggi, autore per qualcuno, al più, di facili rime patriottiche, inni sei-settenari. Rifiutato anche nel “corpo”, proprio nella salma. David Bidussa, che cura questa raccolta, ne fa la raccapricciante storia, del corpo rifiutato dalla famiglia, dallo Stato unitario, dalla sua città, Genova, e dalla stessa Repubblica (solo resuscitato da Mussolini, nel 1941, in chiave antifrancese….) – il suo inno è ufficialmente nazionale dal 2006. Questa patria non ha profeti. Anche perché il rimosso Mameli è l’unico repubblicano ci sui si possa leggere qualcosa – Mazzini? Pisacane?
Bidussa ha nell’introduzione una pagina densissima sulla “libertà senza rivoluzione”, senza guerra civile cioè, che è la più ricorrente delle preoccupazioni di Mameli – e anche di Mazzini. Lo storico dell’italianità ne rintraccia le origini nel Settecento, come segno specifico dei riformatori italiani. E ne rileva la persistenza: “A lungo nella coscienza pubblica italiana, e forse ancora oggi, l’economia è scienza dell’amministrazione, della «buona amministrazione», ma non teoria dello sviluppo, il che implica evitare le scelte dunque contenere e, possibilmente, annullare il conflitto sociale”.
Fra i ricorsi storici non manca un Grillo, “un certo cappellano Grillo”, che organizza campagne minatorie contro i patrioti a Genova e aizza i militari contro il Circolo Italiano dei mazziniani. È un nome dunque che è un  destino - nomen omen?
Goffredo Mameli, Fratelli d’Italia, Feltrinelli, pp. 11 € 6,50

Nessun commento:

Posta un commento