giovedì 7 marzo 2013

Viva la libertà – dal Pd?

Un’onesta commedia infine. Brillante, anche se sull’idea Usa di “Dave, un presidente per un giorno”. Il soggetto anzi è vetusto, dai “Menecmi” in poi, col repertorio scontato delle dissomiglianze, le rivalità, le gelosie. Ma è ottimamente architettato e sceneggiato da Angelo Pasquini, con la politica che ai suoi vent’anni si fantasticava degli Indiani Metropolitani, poetica (vera) e irriverente. Con qualche trovata che aggiunge profumo di zolfo. Come portare la commedia fino a metà su temi e personaggi berlusconiani, e poi mettere tutto sotto il ritratto di Berlinguer. O Toni Servillo comico, specialmente efficace sulla maschera ormai acquisita di personaggio triste e attonito. Una commedia, come si dice, deliziosa.
Malgrado non lo pretenda, il film di Andò è però dichiarato un capolavoro da “Repubblica” e “Corriere della sera”, e un quasi capolavoro dagli altri (sola riservata è “l’Unità”), e questo è un fatto a sé, che sopravanza l’opera. Andò viene dichiarato, e si lascia dichiarare, l’atteso messia del partito Democratico, quello che morettianamente dice infine “qualcosa di sinistra”. Con enormi richiami, paginate e paginoni doppi, al “qualcosa di sinistra”. Roba da brividi: in che mondo incistato vive questa sinistra?
Vedendolo, com’è possibile a Roma, nel cinema di Moretti, viene pure da pensare che è “un film di Nanni Moretti”, il suo film – il produttore è anche il suo ex, Barbagallo, e lui stesso sarebbe stato perfetto invece di Servillo. Ma forse Nanni Moretti non ha la leggerezza che il film richiede, ce l’aveva e non ce l’ha più – è la sindrome Pd, dei sovietici dopo l’Unione Sovietica.
Roberto Andò, Viva la libertà

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