“Sentii da Manzoni che l’Innominato è un Visconti, ed è personaggio verissimo”. Non è la sola sorpresa. Lo stesso Manzoni si ricorda in collegio a cinque anni - si spiega tutto. In una specie di porcilaia in Svizzera. È gallofobo quasi più che austrofobo. E piemontardo – a ragion veduta (sembra uno scienziato politico). Senza i pregiudizi anticavourriani dei liberalcostituzionali che sono la sua cerchia di amici. Spiritosissimo sempre, socievole, contro la vulgata. Anzi estremista, omplottista: il generale Ramorino, della “fatal Novara”, vuole venduto all’Austria, e la prova è che nei due mesi passati in prigione non volle ma cambiarsi (cioè: nascondeva nelle mutande il prezzo de delitto).
La raccolta è un tributo di Lorenzo Mondo al suo Manzoni, “di veduta fine, ammirata, leggermente maliziosa”. Un altro Manzoni. Ma “Ghita”, sorella di Costanza Arconati, di cui Mondo esuma i brani in qualche modo manzoniani del “Diario Politico 1852-1856”, soprattutto vi fa rivivere la rivoluzione italiana - “la” rivoluzione dell’Ottocento. Specie a Milano. Specie contro l’Austria – di cui ora imperversa la nostalgia: delle tasse, delle forche? Una celebrazione del centocinquantenario, anche se involontaria e in ritardo.
Margherita Provana di Collegno, Caro Manzoni, cara Ghita, Sellerio, pp. 149 € 12
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