“La cicoria è
un mezzo mistero”, come faccia a essere caffè. Ma un mistero minaccioso quando il
ministero vuole tassare “i prodotti assimilati
alla cicoria”: cioè “la fuliggine? l’inchiostro? il caviale? l’ossa bruciate? il
guano artificiale?” Anche perché “l’Europa ci guarda” – è dal 1859 che ci
guarda (tutta invidia?). E le tasse sono sempre quelle, che sempre ci costano
“un occhio” – e allora “ringraziamo Dio, che per ora ci fanno pagare un occhio
solo”. C’è perfino la rottamazione, allora si diceva “svecchiare”. E la beffa
del lotto, gioco “moralissimo”, con cui lo Stato tassa la dabbenaggine degli italiani.
Mentre le crisi ministeriali riconciliano con la democrazia, spettacolo
insuperabile: il ballo “Excelsior” è niente “di fronte ai passi di mezzo carattere e ai grotteschi avanti-indietro” nelle quadriglie dei costituendi gabinetti, “farse
da teatro, le quali, se sono brevi, divertono e fanno ridere, ma se vanno per
le lunghe, cominciano subito a seccarvi”. L’Italia ha sempre la coda di paglia,
immutabile – anche allora, gli anni 1880, sapeva di sacrestia, i nomi della
quadriglia, attorno a Depretis, sono De Canonicis, De Clericis…. E “Collodi” è
un umorista, questa sottile compilazione ce lo ricorda. La “commissione d’inchiesta” è tutta in poche righe,
inattaccabile, in basso alla p. 113. E a seguire “Italiani!, sempre “col punto ammirativo
(esclamativo, n.d.r.) di dietro!”.
È una raccolta di elzeviri del Collodi giornalista,
sull’Italia del secondo Ottocento. Tutta virata sulla politica. Estrosa, come
l’autore di Pinocchio. Una raccolta di tipi, tic, topiche evidentemente
immortali, poiché sembrano di oggi. La persona “bene informata”. Il deputato
assente. La riabilitazione, che dunque
c’era prima del sovietismo. E, ben prima di Arbasino, la politica come trovarobato: per un pubblico che, anch’esso
immutabile, vuole ogni giorno “mutar di fisionomie”, mascherare variamente i
suoi impersonatori.
Carlo Collodi, Pinocchietto
politico della terza Italia, Robin, pp. 121 € 5
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