L’industria
dei commissariamenti
La ministra Cancellieri è ritenuta in Calabria
una “nemica della Calabria”. Non dalla destra, dalla sinistra, “L’Ora”, “Il
Quotidiano”. Una che non sostiene i
sindaci antimafia, ma li tratta da mafiosi. Soprattutto applicandosi a
scioglierne i consigli comunali, magari appena eletti, per mafia. Non per
pregiudizio, la ministra è buona cattolica. Perché questa è la cultura dello Stato, di cui la ministra è
un pilastro. Contro Reggio Calabria, in effetti, si è applicata col piccone a smantellarne
la giunta comunale appena eletta – non un momento prima delle elezioni: un anno
e mezzo di superstipendi per tre vice-prefetti, con la città ai loro piedi, un
comprensorio ormai di trecentomila persone.
L’industria dei commissariamenti, perché no? In
questo stato anche questo è possibile: i funzionari del ministero dell’Interno che commissariano per
i più diversi motivi più Comuni possibili, e poi si fanno un anno-due
strapagati, e omaggiati come possenti autorità. Sull’antimafia ogni arbitrio è
possibile: per “mafia” tutto si può sciogliere, senza bisogno di dimostrare
nulla - “basta la parola”, come per il purgante. Non è molto che lo stesso ministero
gestiva ad arbitrio il confino di polizia, una misura restrittiva senza alcun
giudizio a fondamento.
La stessa Cancellieri è diventata ministra dopo
aver gestito Bologna in qualità di commissario. Ma lì il commissariamento a
Bologna era necessitato, essendosi dimesso il sindaco, non era stato disposto
d’autorità dallo stesso ministero dell’Interno.
Siamo del toro
Gli scavi di punta Zambrone, tra Vibo e Tropea, confermano quello
che si sapeva, se non altro per la toponomastica legata al Toro della
confinante piana di Gioia Tauro: che prima degli italioti, altri greci c’erano
anche nella parte tirrenica della futura Magna Grecia, i micenei. Gli scavi, a
opera delle università di Napoli, “Federico II”, e di Salisburgo, hanno portato
alla luce, dice la relazione, “oltre a una grande quantità d manufatti locali,
numerosi frammenti di ceramiche micenee tornite e dipinte, prodotte in Grecia e
importate via mare nei decenni intorno al 1200 a.C.” E “un unicum per l’Italia
e il mediterraneo occidentale”. Una statuetta in avorio è “la più antica
rappresentazione della figura umana con caratteri naturalistici”, un’opera
d’arte più che decorativa, “realizzata secondo i canoni della civiltà minoica
(XVII-XV secolo a.C.)”.
La testa del toro, girata di un
quarto sulla destra, divenne la lettera alfa, Lacan spiega, “Di un discorso che non sarebbe quello del sembiante”
(1971, lezione V, 10 marzo). Ma così la considera la glottologia ebraica: il
geroglifico testa del toro diventa in fenicio א (aleph), quindi in greco alpha,
e infine l’A maiuscola latina. In tutte le raffigurazioni letterali sarebbe
riconoscibile la testa del toro, sepure talvolta girati, di 180 o 90 gradi, di
qua o di là.
Il tutto viene collegato alle rappresentazioni
protosinaiche del Toro, in quanto forza e generazione – la prima lettera perché
simboleggia l’“origine” (successivamente, in “senso acquisito e memorizzato”, dice
la glottologia, è anche “principe” e “insegnare”.
Il toro, nella tante tavole simboliche, di ogni civiltà, di Jean
Chevalier, ricorre come simbolo della fecondità. Ma di più nella civiltà greca,
in quella specificamente micenea. Jean Chevalier, Dizioanrio dei simboli”. Lo
studioso dei simboli ne rintraccia diverse genesi: le più costanti sono quella dell’opposizione
(una cosa che è il suo contrario) e quella della catena. Per cui i simboli si
susseguono per una certa affinità, per quanto poco logica, o razionale, o
causale: che può essere la somiglianza, la contiguità, spaziale o temporale, l’associazione
d’idee, la parentela, la simpatia, le corrispondenze, le analogie, l’associazione
libera freudiana (inconscio). Tra le catene di Chevalier, quella “toro-luna-notte-fecondità-sangue-seme-morte-resurrezione-ciclo,
etc.” e quella “fulmine-nuvole-pioggia-toro-fecondità etc.”.
La grande divinità femminile del pantheon miceneo era la Madre Terra.
Cioè la dea Demetra (Locri), la madre di Persefone, il culto prevalente fino
agli inizi del primo millennio a.C., poi trasferito nel primo capoluogo conosciuto
– dopo Napoli - della Magna Grecia “classica”.
Milano
Ballerine come libellule, che si librano sullo
sfondo della Galleria, il “Corriere della sera” e Giuseppe Genna scelgono per un
lirico ritratto al centro della prima pagina di Milano che si apre alla Fiera
del mobile. Era giorni in cui la città era più triste del consueto, per il
maltempo fuori stagione. Ma è vero che i treni che da Roma, Torino e Venezia
affluivano a Milano pullulavano di gente col sorriso all’idea del Mobile. L’immagine
fa tutto, anche la (cattiva) coscienza.
Venerdì la città si spopola all’una. Del pomeriggio.
Anche con la crisi. Questo è segno di forza, di positiva resilience. Ma la città sembra allora anche fisicamente quella che
è, una città di nessuno. Non un carattere, nessuna cifra d’identificazione, una
personalità. La Signorina Solfanelli di Bontempelli era efficiente, ma ora? C’è
anima nei quartieri “poveri”. Di immigrati. I milanesi veri, quelli ricchi, non
amano nemmeno se stessi.
Sant’Ambrogio individua nella donna il fomite
del peccato, la teoria del peccato originale che poi farà testo. Sula base di
un accenno di san Gerolamo. Non per altra ragione che il “garbo femminile”.
È questa, una spiegazione tutta bonaria e,
vorremmo dire, milanese”, commenta
Antonello Gerbi, nelle vesti di studioso del peccato originale: “Adamo mangiò
anche lui pro bono pacis coniugalis,
per far piacere alla consorte, per non stare a «piantar grane»…. L’anatema
sfuma in un sorriso d’ambrosiana
indulgenza”.
Nonché il peccato originale, Milano vuole anche
l’avvenenza. L’ultima illustrazione a corredo de “Il peccato di Adamo e Eva”,
del padre Antonello, l’“Eva” di Cristoforo Solari, una statua del Museo del Duomo,
Sandro Gerbi propone di chiamarla “l’Eva di Milano” – questa bella Eva,
sensuale e malinconica, sospirosa e domestica”.
Il sindaco Pisapia indice una gara pubblica per
il posto di sovrintendente della Scala: “Inviate il curriculum”. Quando si sa
che la scelta invece sarà fatta dalla Fondazione, senza concorso. Niente di
male, un po’ d’ipocrisia ci vuole in politica – lo vuole la “comunicazione”, la
pubblicità è l’anima del commercio, etc.. Ma se il bando l’avesse fatto il sindaco
di Palermo per il Massimo?
Ha un grande regista di cinema, Marco Ferreri,
geniale – non c’è altra parola. Lo ha dimenticato. Poteva avere un grande drammaturgo
comico Maurizio Nichetti, l’ha obliterato.
“Centro-sinistra”
è l’insulto alla Scala nel 1962 alla prima di “Passaggio”, opera indigesta di
Luciano Berio e Edoardo Sanguineti.
Pietro
Verri, “Orazione panegirica sulla giurisprudenza milanese”, 1763: “Sogliono le altre
nazioni d’Europa avere dei giudici dipendenti dalla legge. Col nuovo codice si pone
per fondamento, nel Milanese, un corpo di giudici padroni della legge”.
I
lombardi sono ovunque al Sud, nella toponomastica, compresi Galdo, Lauria, Laino Borgo, Mormanno, Alemanni e Lombardi vari, e nell’onomastica.
Il cognome Lombardo, uno dei più diffusi in Calabria e in Sicilia, ricorre
probabilmente più che in Lombardia. L’invasione c’era già da tempo? In effetti, risultano già alla Prima Crociata. E anzi
prima, se sono ancora loro nel coro del “Nabucco” che si vorrebbe a inno
nazionale.
I brav’uomini si sono pervertiti per colpa del Sud?
I brav’uomini si sono pervertiti per colpa del Sud?
leuzzi@antiit.eu
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