astolfo
Confessione – L’anticlericalismo non registra un solo caso di prete che abbia tradito il segreto del confessionale. Per quanto li faccia cinici o corrotti. Anche tra gli spretati.
Una storia sarebbe facile, di un prete che utilizza la confessione per sue trame, di oscenità, o violenza, o d’interesse, ma non è stata scritta.
Conversioni – Sono degli spiriti eletti.
Sanno di accomodamento, opportunismo. A lungo furono quelle degli ebrei a cui era in qualche modo imposto di farsi cristiani. Ma se si guarda alla pratica, delle conversioni per esempio dall’islam al cristianesimo, e viceversa, si vede che fanno parte di un controllo accentuato di sé.
Abbandonare una fede per un’altra, sa però di controsenso.
Democrazia – Fiorì nella schiavitù, si sa ma si dimentica. All’origine, e nella sua migliore esperienza, quella ateniese, prosperò nel “gran buontempo” (Manzoni), perché i cittadini se la spassavano: la politica era la loro occupazione e il loro svago, non votavano per liberarsene ma per occuparsene più di ogni altro loro affare. In una città in cui gli schiavi erano trecentomila e i liberi ventimila.
Ma è vero che gli schiavi non si ribellavano.
Gesuiti – Il papa gesuita fa dimenticare di colpo il pregiudizio. È vero che è stato gesuita da adulto, non si è cioè formato alla scuola gesuita. Tuttavia, viene dopo un lungo papato, quello di Giovanni Paolo II, ostile ai gesuiti. Rosmini diceva che la colpa dei gesuiti era lo spirito di corpo – pur negandola, imputava loro una colpa.
Indipendenza – È il fatto più sovrastimato, dalla diplomazia, dalla storia, e dalla scienza politica. Manzoni ne dava un icastica rappresentazione, in conversazione negli anni dopo il fallimento dei moti del 1848-49 (come è riportata da Margherita Provana di Collegno nel suo “Diario”), dicendo “Stato indipendentissimo” il Piemonte: “Uno Sato piccolo non è mai indipendente, perché bisogna che abbia sempre lo sguardo di condursi in modo da non dare ombra e fastidio agli Stati di prim’ordine”, e “deve accettare consigli ma non esserne mai richiesto”.
Islam - Un tempo non remoto erano gli europei, gli italiani, che emigravano nei paesi arabi. Non sempre da colonialisti, in Egitto, in Libano, in Tunisia, in Algeria ci andavano da artigiani, lavoratori manuali.La geografia del benessere è mutevole.
Tra il fallacismo, o rifiuto netto, e l’integrazione rifiutata, per estraneità o disprezzo. La cittadinanza italiana per esempio è molto poco richiesta, rispetto a quella inglese, la francese, la tedesca, le più ambite in graduatoria.
Il problema con Ramadan, e con gli intellettuali come lui, per un non mussulmano e per i mussulmani democratici, è il loro revanscismo islamico. Il fatto che l’islam di cui si parla sia tra il khomeinismo, che l’ha generato, e il fondamentalismo nelle sue tante forme, ma tutte di orogine e ronfamenti arabi, che l’ha portato a conseguenza. L’esperienza è netta. Fino a Khomeini, 1978-80, non c’era alcun disagio per l’europeo nel mondo islamico, quello arabo compreso. C’era il problema Palestina, ma c’era da dopo la guerra. L’europeo era accettato, e accettava il mondo islamico nel quale si trovasse a vivere o operare.
L’Arabia Saudita, l’Oman e gli Yemen erano singolarità, sopravvivenze nel comune sentire, europeo e islamico. Delle borghesie urbane, ma anche del popolo e delle comunità remote: mai un cristiano si era trovato a disagio nella più sperduta periferia, e non per impersonare l’impero e l’autorità.
Questo avveniva anche nei tempi dell’indipendenza. Nessuna differenza di linguaggio e d’intenti, al Cairo, a Tunisi, in Siria, in Iraq, in Marocco. Neppure in Algeria la guerra di liberazione aveva prodotto rifiuti radicali. L’europeo non era straniero a Istanbul, non più che un islamico in una qualsiasi città tedesca dove i turchi fossero la prima minoranza.
Tutto è cambiato attorno al 1980, con la guerra civile in Libano, imposta da Siria e Israele, con Khomeini, con l’assassinio di Sadat e poi di Rabin, gli hezbollah, i talebani, Al Qaeda, i salafiti. Il vecchio, irrisolto, revanscismo arabo ha ripreso il sopravvento sulla linea del terrorismo.
Il rapporto si rompe perché l’islam abbassa la saracinesca. Non solo in forme violente. Nelle condizioni del vivere civile, delle donne, delle scuole, delle forme d’insegnamento, che è solo indottrinamento. A Istanbul la linea del velo monta di anno in anno in epoca recentissima. Ferma per anni a Bursa, ora morde Smirne e molte famiglie della stessa Istanbul.
Il duello tra Maometto e Carlo Magno è finito da tempo: il mondo arabo-musulmano non ha saputo penetrare in Europa, e ora non può. L’islam è debole, malgrado la demografia, sul piano religioso e su quello militare. Malgrado il fondamentalismo feroce e la bomba atomica, e anzi a causa di essi: si coltiva la dipendenza arabo-mussulmana, la si introietta, di fronte alla modernità, l’estremismo è una reazione. Altra cultura, molto più complessa ma senza complessi, quella persiana, e asiatica in genere di altre tradizioni.
Oriente - Metastasio era specialista, si può dire, di Medio Oriente, fu il primo. Con “Adriano in Siria”, “Alessandro nelle Indie”, “Achille in Sciro”, “Demetrio”, “Zenobia”, “Ciro”, “Artaserse”, “Didone” e “Catone in Utica”. Coi tanti Antigono, echi della maschia Antigone di Sofocle, e le Armide, Zaire, Zaide, Zelmire, Giuditte trionfanti, l’amante che lo taglia all’uomo era anche allora di grande effetto, grande invenzione l’Oriente di Metastasio. Che contagiò Mozart. Händel pure non è male, l’operista fluviale: “Almira”, “Radamisto”, “Giulio Cesare in Egitto”, “Alessandro”, “Siroe”, “Jephtha”, “Serse”, “Tolomeo”, “Esther”, “Berenice”.
All’epoca l’Oriente si vendeva a chili, anche a leggere: “Artameno il gran Circasso”, 8.500 pagine, dieci volumi, “Almahide la schiava regina” otto, “Ibrahim il gran Bassa” quattro. Il Medio Oriente era stato scoperto dal cardinale Federico, dotando l’Ambrosiana di caratteri arabi, ebraici, armeni, e di maestri di queste lingue.
Superpensioni – Le inventò l’onorevole Andreotti, nl 1972, quando infine arrivò a palazzo Chigi, seppure con un governichccio striminzito di destra. Ridusse il prezzo del sale e aumentò le pensioni. Non tutte, quelle dei superburocrati. Offrendo la pensione anticipata, ai quarant’anni, ai dirigenti pubblici: quindici anni di lavoro, studi universitari inclusi, e trenta, quaranta, cinquant’anni di pensione pagata, con una buonuscita di cento e duecento milioni, tre e sei volte lo stipendio dei pa-pabili. per indurli a profittare della pacchia.
Andreotti parsimonioso non lesinò coi prefetti. Una nuova casta costituendosi di prefetti giovani in rapida carriera, da allora sempre a lui fedeli, in ogni cambiamento.
astolfo@antiit.eu
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