Il caso Cahuzac, del ministro socialista francese anti-corruzione
che era un evasore fiscale coi milioni in Svizzera, non è una stranezza. Anche
nell’eventualità che sia la Svizzera stessa ad alimentare lo scandalo. Denunciando
conti più o meno anonimi dell’ex ministro nelle sue banche per dirsi essa stesa
contraria all’evasione fiscale. E per indebolire la stretta contro i paradisi
fiscali, la lotta anti-corruzione. La Svizzera è ininfluente – se non che, la
gestione del risparmio essendo un’attività lucrosa, gli ottimi banchieri
svizzeri non vogliono privarsene (la Svizzera spesso denuncia conti anonimi di
cittadini esteri, di lestofanti di cui poi le banche si terranno i fondi in
disponibilità per dieci-vent’anni, finché durerà il procedimento penale in patria,
e alla fine talvolta se li incamerano – Gelli lo fecero perfino arrestare, e
poi evadere).
Non conta molto neppure la mentalità: essere francesi,
o italiani, o sudamericani. Fra i maggiori evasori con i conti in “Svizzera” ci
sono i tedeschi. Mentre non ci sono gli spagnoli, non in grande misura. Insieme
con gli inglesi e gli americani. La ragione è che inglesi, americani e spagnoli
pagano tasse, sul reddito e sul valore aggiunto, congrue. Lo stesso accadeva
agli scandinavi al tempo dei regimi socialdemocratici con tasse “all’italiana”,
del 50 e più per cento del reddito: in cambio avevano servizi reali, le loro
tasse erano un investimento.
Chi vuole la questione fiscale (l’evasione fiscale e
la corruzione sono legate) un fatto di leggi severe e apparati repressivi è un
bugiardo e un mentitore. Un corrotto. Una buona legge sugli appalti – non è difficile, la
Svizzera ne ha una, la Gran Bretagna pure – eliminerebbe tre quarti della
corruzione, forse i quattro quinti, meglio comunque (più stabilmente, più
produttivamente) di una “manovra”.
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