Nel 1943, poco prima della morte a Londra, Simone
Weil riconosce l’errore, “il mio errore criminale di prima del 1939”, pacifista
di fronte a Hitler. Un pacifismo di cui ora è in grado di vedere
“l’inclinazione al tradimento”, facile preda della propagande, dei servizi d’informazione
nemici, segreti e non. Le “Riflessioni sula guerra” sono pacifiste, sul
presupposto non smentibile che la pace è sempre meglio di una guerra. Ma se ci
fanno la guerra? Nel suo pacifismo Simone Weil si era spinta a contestare la
guerra rivoluzionaria, o di liberazione, o giusta.
Il volumetto è la riedizione della raccolta già
uscita con lo stesso editore nel 2005, di lettere, note e articoli. Nel mezzo
due testi, una “Meditazione sull’obbedienza e la libertà”, a proposito del paradosso
della servitù volontaria di La Boétie, contro Stalin. E alcune “Riflessioni
sulla barbarie”, contro Hitler. Un testo intermedio, “Riflessioni in vista di
un bilancio”, dopo l’invasione della Cecoslovacchia, è meno autocritico che
impegnato sulle cose da fare. L’inguaribile fiducia la porta a un’analisi che
si rivelerà profetica: i sistemi totalitari hanno la debolezza di dover
mantenere “uno stato di mobilitazione permanente”, pena il crollo.
Qua e là di fa strada il concetto di “forza”,
enucleato ancora meglio altrove, “L“Iliade” o il poema della forza”, che è più “veritiero”
sulla guerra e la pace. Domenico Canciani, pedagogista, grande “weilista” (“La
passione della verità”, Il coraggio di pensare”), ne fa una notevolissima
critica nel saggio “Simone Weil dal pacifismo alla Resistenza”, online..
Simone Weil, Sulla guerra, Il Saggiatore, pp.
155 € 9,50
Domenico Canciani, Simone Weil dal pacifismo alla
Resistenza, online
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