È sempre peggio che negli anni 1930. Gli investimenti si sono ridotto in Italia negli ultimi cinque anni di più del doppio rispetto alla recessione degli anni 1930.
Anche il pil si è ridotto in misura superiore: al
netto dell’inflazione, il pil si era contratto negli anni 1930 del 5,1 per
cento, mentre dal 2007 al 2012 la contrazione è stata del 6,9 per cento. Una caduta
abissale.
Sono migliorati gli ammortizzatori sociali, ma la
povertà, benché mascherata, riporta agli anni 1930.
Quanti sono i disoccupati? Sono 5,8 milioni. A fronte
di 20 milioni scarsi di occupati. Le cifre variano, e la tendenza è a
nasconderle, quasi che il numero vero alimentasse la disoccupazione stessa, più
dell’inerzia politica. Ma l’Istat infine lo comunica: sono quasi due milioni in
più della cifra “statistica”. Hanno
perso il lavoro o non l’hanno mai avuto 4 milioni e mezzo di persone, mentre
1,3 milioni, donne e giovani, ha smesso di cercarlo.
Mezzo milioni di lavoratori in cassa integrazione speciale
o in deroga a marzo rischiano di perdere anch’essi definitivamente il lavoro. Erano
380 mila a febbraio, in un mese sono cresciuti di 120 mila unità, 4 mila al
giorno, poco meno di seimila ogni giorno lavorativo.
Questa speciale cassa integrazione da sola significa
un miliardo in meno di reddito distribuito in forma di salario nel primo
trimestre, 1.900 euro per ogni lavoratore coinvolto.
Crollano soprattutto l’artigianato e il commercio.
Questo ognuno lo può vedere coi propri occhi ogni giorno per strada.
L’Italia si avvicina alle soglie negative (produzione
e occupazione) già toccate nel 2012 dalla Spagna. La Francia è nelle stesse
condizioni dell’Italia da circa sei mesi. Senza rispettare il fiscal compact europeo, senza cioè il
giro di vite fiscale cui Monti ha costretto l’Italia.
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