Il migliore Eco, che fa dell’ironia un’arte gentile, oltre che
icastica, sempre avvolgente. Puro Settecento, argutissimo, con un pizzico di
Seicento.
Verbalista goloso e
repertoriatore onnivoro, dagli accostamenti sorprendenti e semplici. Brillante
sempre, un Maradona dalle giocate imprevedibili sempre riuscite. Eccetto che
quando ci infligge Peirce e la semiotica - anche qui non mancano. Incomparabile
nella mimesi filosofica (estetica) e psicoanalitica. Con epifanie
irresistibili - Joyce, “massimo teorico dell’epifania”, ispirato dal
“Fuoco” dannunziano, “che aveva letto e amato”, dal cap. 1, “L’epifania del
fuoco”… Joyce è anche recensito da anonimo fascista, in un’appassionante summa
della critica del ventennio - di “questo Giacomo Yoice, o Ioice, come scrive il
Piovene”. La celebrazione del “sublime per eccesso” (la propria cifra
romanzesca di Eco, derivata da Victor Hugo) è qui in ottima sintesi, dieci
righe, pp. 174-175. E poi Eco è l’unico che ha accesso, nella sradicata
riflessione contemporanea, alla medievistica, a Tommaso d’Aquino e Ildegarda di
Bingen, Roberto Grossatesta, Bonaventura da Bagnoregio (non a Bacone: perché?),
con i tanti Pseudo classici di cui si compiacevano.
Con molte fisse. Le
cartografie, di cui è appassionato – rifà puntiglioso le bucce a Corto Maltese,
“Ballata del mare salato”.. Il “punto fisso” – il “punto fijo” di Cervantes. La
“polvere di simpatia”. . L’isola. L’isola che non c’è, prima di Johnny Depp e
Edoardo Bennato – ah, la longitudine. Ma anche una godibilissima Repubblica
Felice montata con i proverbi, la saggezza popolare - che subito la abbatte,
abbatte la Repubblica e la Felicità.
Con l’esumazione di nomi e
circostanze che sembrano d’invenzione: il deputato Riancey – un
cattolico intransigente – che nel 1850 fece punire con una tassa i giornali che
pubblicavano i romanzi a puntate, feuilleton.
Dopo gli studi di un Alfred Nettement, che avevano dimostrato la spinta diabolica,
comunista, sovversiva, del feuilleton.
E una compilation vertiginosa di agnizioni, da Dumas, Garibaldi, Hugo, Carolina
Invernizio, Ponson du Terrail.
L’ironia si sublima in Eco.
Da supponente a umile e quasi ovvia. Con effetto giocoso, senza iattanza. Il
discorso riportando all’indicibile (indefinito). È debole in filosofia, l’ironia
non lo consente - ma di buona stoffa, lo scetticismo amabile.
Umberto Eco, Costruire il nemico, Bompiani, pp. 339 € 12,90
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