“Manco di sentimenti religiosi”, dice Russell di se stesso. Su che basi? “La creazione del nulla è un fenomeno che non è stato ancora osservato. Pertanto, non c’è miglior ragione di supporre che il mondo è stato causato da un Creatore che di supporre che abbia avuto un’origine spontanea; entrambe allo stesso modo contraddicono le leggi causali”. E la causazione?
Contro Dio Russell ha molte pagine. Questa edizione comprende meno della metà del volumone “Dio e la religione” pubblicato vent’anni fa dalla Newton Compton - e ora anch’esso ripubblicato, segno che il filone ateista tira. Ma non si capisce perché il negazionista abbia bisogno di tante pagine. Ogni tema peraltro argomentando, a partire dal più celebre “Perché non sono cristiano”, paradossalmente al contrario. Non nel senso crociano del perché non possiamo non essere cristiani, ma in senso proprio, quasi teologico: ogni prova di Russell contro Dio, compresa la sua reiterata pretesa di non sapere che dirne, d non avere la prova della sua non-esistenza, sembra un discorso su Dio.
In dettaglio. Russell si vuole agnostico, contrario a ogni fede rivelata, e molto dubbioso sulla natura e la parabola di Cristo. Ma con argomentazioni cristiane – se non cattoliche. Non nell’islam né nell’ebraismo, per dire di due religioni in qualche modo note, le sue argomentazioni incidono: parla di cristianesimo, più che di fede religiosa, e a cristiani. L’obiezione maggiore a Cristo la fa da cristiano: quando rimprovera il Figlio di Dio di aver voluto, nella sua bontà, la dannazione eterna.
Anche gli argomenti sono bizzarramente ritorcibili. Per esempio il libero arbitrio: “Non vi è una netta linea di divisione tra l’uomo e il protozoo. Perciò, se diamo il libero arbitrio all’uomo, lo dobbiamo dare anche al protozoo”. Questa conclusione Russell la traeva nelle sue prime riflessioni, da adolescente, che questa scelta opportunamente tralascia, ma resterà tipica del suo modo di ragionare. Per esempio in tema di Causa Prima, nella conferenza “Perché non sono cristiano”: “L’idea che debba sempre esistere un inizio è semplicemente dovuta alla povertà della nostra immaginazione”. L’infinito, dunque, l’eternità? Che Russell detesta, e nel saggio di questa raccolta ne fa colpa all’idea di Dio.
Il saggio del titolo nasce dal fatto che all’epoca, 1930-1931, molti fisici e biologi avevano decretato morto il vecchio materialismo, e la religione in qualche modo più vera. Russell obietta discutendo o spiegando il principio d’indeterminazione (Heisenberg), per dire che non ha niente a che vedere col libero arbitrio. E con Dio? Più congruo è quando dice di “odiare” gli specialisti del divino. Qui non si saprebbe dargli torto, ma è un’altra cosa.
L’altro scritto famoso, “L’incubo del teologo”, attanaglia lo “specialista del divino” tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande. Irridendo all’uomo, a ogni uomo, quindi anche a se stesso, come a un “parassita”. Ma senza considerarsi in realtà tale, non lui, che ne scrive ridendo. E parassita di che? Anche del senso di mollusco, invertebrato, medusaceo. Per poi concludere: Dio è l’effetto del “potere che Satana ha sui nostri sogni”. Non è la stessa cosa?
L’insistenza maggiore, con l’effetto più curioso, di Russell è, fin dall’inizio della sua meditazione sulla religione, e cioè dai suoi quindici anni, da quando cominciò a studiare seriamente, sul libero arbitrio. Di cui fa una colpa al cattolicesimo, e a Dio stesso. O non un merito? L’argomento lo indigna fino a fargli dire sciocchezze. Per esempio che, mentre il libro arbitrio dei cani Pavlov ha accertato che è un riflesso condizionato (un’abitudine), per l’uomo non si sa. Ma non si sa giusto per la complessità del meccanismo, la scienza ne verrà a capo. Il che per un logico, sia pure matematico, è un’insulsaggine prima che un’insolenza. Il riflesso condizionato, aggiunge Russell a un certo punto trionfante, è stato documentato anche nei polli. E lo suppone nei bambini. Poprio così, nei bambini, pur avendo avuto qualche figlio da una delle tante mogli.
Un caso esemplare lord Russell sarebbe stato , per il
suo vescovo Berkeley, di solipsismo, ossia di egotismo. O di riflesso condizionato
- “la nostra concezione di Dio deriva dall’antico dispotismo orientale, ed è
una concezione indegna di uomini liberi”? Giulio Giorello, che presenta questa scelta, sembra prendere le distanze.
Bertrand Russell, Scienza e religione, Longanesi, pp. 190 € 16
martedì 2 aprile 2013
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