Un romanzo subito famoso, con una pre-pubblicazione
sulla rivista “Les Annales”, 1 settembre-13 ottobre 1933, e subito dimenticato.
Con una prefazione eccezionale di Simenon, che non ne fa per principio –“come
ogni altro oggetto, un romanzo è riuscito oppure fallito”. Qui fa eccezione per
dire: ”La gente di fronte (titolo originario, n.d.r.) esiste, tutta, senza
eccezioni”. La prova? “Non sono mai stato capace d’inventare un personaggio, né
una scena, neppure un’avventura”.
Non è Kafka, come dice Parise in una recensione che ha
segnato il successo infine di Simenon in Italia. È un romanzo sulla Ghepeù nel 1933,
nell’Urss ancora senza purghe ma già senza kulaki, dove tutti spiano e sono
spiati. Poi si dice: non sapevamo. Calasso ne fa grande caso nel suo libro di
ricordi editoriali, “L’impronta dell’editore”, come segno della propria preveggenza
e del coraggio, nel 1985, non un secolo fa, di avviare con questo romanzo la riproposta
di Simenon. Ma il libro si legge anche ora che “la più potete, importante e
demiurgica dittatura poliziesca che l’uomo moderno abbia conosciuto” (Parise) è
svanita. È una storia d’amore impossibile. Freddo anche. A Batum, porto
petrolifero. Dove le navi e le petroliere sono ancora italiane, e il console
italiano è al centro della comunità diplomatica, che forma col console turco e
quello persiano.
Georges Simenon, Le finestre di fronte
Nessun commento:
Posta un commento