venerdì 10 maggio 2013

Finalmente liberi – nazionalbolscevichi?

Il pregio di Carrère, cronista semplice, mai imposant, specialista delle personalità dissociate e le vite sdoppiate, tra follie e imposture, non fa l’eccezionalità del libro. Questa sono i suoi lettori, numerosi e entusiasti. Almeno in Francia e in Italia, dove il libro ha dominato le classifiche, oltre che in Russia - non negli Usa o Inghilterra, non in Germania, dove non è stato tradotto, e il perché è forse lo stesso: i politicamente corretti che festeggiano il politicamente scorretto. Limonov scrittore, un giovanotto ora di settant’anni, di cui Carrère fa abbondanti parafrasi, e Limonov personaggio non hanno altra attrattiva. A parte un po’ di dannunzianesimo – che è però più un rischio, di cui Carrère è al corrente (c’è anche Evola). E un repertorio centrale alla “Salò-Sade”, o alla “Petrolio”, effettivamente meno (an)estetizzante che in Pasolini (Carrère cita Henry Miller – e Philip Roth? - ma non c’è allegria nelle performances che Limonov dettaglia, solo una sorta di “dover essere” letterario, di mercato: la scena madre potrebbe essere stata copiata da Allen Ginsberg, se non che si svolge in un giardino per bambini invece che in un pisciatoio). Corollario del nazismo ricorrente del personaggio.
È questa l’eccezionalità, l’attrattiva del nazibolscevismo. Presentato come “la controcultura della Russia”.  Sotto le specie della orwelliana “decenza”. Da uomini di mano, contro il “fascismo intellettuale” degli armiamoci e partite. Per lunghi tratti sembra di leggere von Salomon , “I proscritti”, che Carrère non richiama, sui nazibolscevichi tedeschi degli anni 1920, senza l’enfasi – ma altrettanto prolisso, cinquecento pagine nell’originale, che la traduzione di Francesco Bergamasco riesce a comprimere di un quarto. L’ultimo suo libro prima dell’entrata in politica contro Putin a capo dei nazibolscevichi russi, “Anatomia di un capo”, che non si traduce, Limonov ha corredato delle foto con i serbi in Bosnia, Arkan, Karadžić e altri, e con Le Pen, Denard, Zhirinovskij, i maudits del genere fascista.
La maniera come Carrère spiega il nazismo, proprio al centro della narrazione, confluisce su questa spiegazione – essendo lui personalmente passato al Cristo e a Budda: è il fascino della forza (bellezza, verità, etc.), del “mondo com’è”. Attiva e passiva – “Salò-Sade”. Razzista vittimista: la scena-madre è quella dei “Diari” di Jünger a Parigi al circolo ufficiali (“fra due anni le nostre figlie serviranno nei bordelli per negri”), in cui Limonov si fa “figlia”, e non si saprebbe come peggio si potrebbe oltraggiare, oltraggiare se stesso. Il sadomasochismo come pimento nazibolscevico.
Il resto è Gor’kij, l’infanzia-adolescenza abbrutita. E – per il pubblico italiano, che però è il più entusiasta – “Gomorra”, il film. È anche – pure questo è inedito per il pubblico italiano, retrocesso ormai all’alettura – il racconto dell’ultima Russia, di Breznev, Gorbaciov, Eltsin, gli oligarchi, semplici e vivissimi, Putin . Una tela di fondo che rafforza l’attrattiva del nazibolscevismo – “la fine dell’impero sovietico è la più grande catastrofe del XX secolo”.
Semplici pure gli a parte, accattivanti. Carrère giovanotto di destra. I suoi inizi come scrittore (Werner Herzog che non apre nemmeno la monografia che il giovanotto gli ha dedicato: “Stronzate, parliamo di cose serie”). La madre Héléne Carrère d’Encausse, russista celebre, accademica di Francia, segretaria perpetua della stessa Accademia, di giudizio sempre veritiero (“L’impero scoppiato” è del 1978). Semplici e vivissimi gli oligarchi, in pochi cenni. Uno di essi sul “convertendo”, in Russia chiamato “prestiti contro azioni”: come sette giovanotti, fatto un po’ di “grano” e proclamatisi  banchieri, prestarono allo Stato in cambio di warrant  sul gas, il petrolio, l’acciaio, i preziosi, divenendone in pochi anni padroni. Khodorkovsky, per esempio, oggi icona della resistenza anti-Putin, per 168 milioni di dollari si prese quindici anni fa Yukos, petrolio-gas, che dava ogni anno tre miliardi di utili (sembra una delle privatizzazioni italiane – Autostrade, per esempio, fu venduta a un “prezzo” inferiore all’utile del primo anno).
Emmanuel Carrère, Limonov, Adelphi, pp. 356 € 19

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