Una testimonianza dunque a futura memoria?
I replicanti la troveranno pregna fonte storica: i padri volatili “insegnano”,
le madri “stanno manchevoli”. Ma in un teatro quasi ubuesco – in “un presente transgender” dice Anna Maria Carpi in
introduzione. Padri veri e naturalmente immaginari, sdoppiati o fantasmizzati –
la ventenne Giulia se ne trova ingravidata come una matrioska. A partire d’“Al
mio padre, «il numero tredici»”
della dedica, “l’affidato, il preoccupato, l’ottuso”. Autenticati dalla fantasia,
come si deve.
“Tema insolito, persino
raccapricciante”, lo vuole Anna Maria Carpi. Per l’entusiasmo
di Enzo Golino, del “Sole 24 Ore”, di Rai educational, e di Citati. Rusconi fa
a meno della sofferenza che ogni giovane esibisce, di un’esperienza ancora non
vissuta. Narrativamente aperta agli stimoli che vengono dalle cose. Gli eventi.
Una plaquette
di feroce allegria. Che la tradizione giocosa e burlesca della poesia, tanto
fertile ma da secoli dismessa, risuscita al femminile – Niccolai, Cavalli, e
ora Licata, Rusconi? Dove l’autentico non si cerca nella sofferenza – sono ladro
per esser povero, etc. – ma nell’invenzione. Di una poesia che è finzione che
si accetta. E allora tanto più vera: dice, attrae, innova.
Giulia Rusconi, I padri, Ladolfi, pp. 49 € 10
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