Comunismo – Non crolla le fede, malgrado le sconfitte: la certezza
della buona causa, che sola è stata sconfitta.
Senza demerito. La fede nel comunismo “realizzato”, sovietico. Si dice per la
negazione della realtà che la fede comporta,
delle condizioni pratiche del vivere e dell’agire politico, compreso tra esse,
più che per una norma etica, il rispetto della vita, almeno di quella umana. Ma
di più incide il culto del capo, sotterraneo, subliminale, inavvertito.
Potentissimo. Specialmente visibile nell’arte funeralizia, altrimenti inspiegabile
per non devoti e non credenti, quali i comunisti si supporrebbero. Si dice: per
il rispetto dovuto all’onestà, all’integrità. Ma molti comunisti muoiono di cui
non si sa nulla. No, è proprio il culto del Capo, dell’Immagine, della Guida.
Eugenetica - Nel 1924 la nuova legge Usa sull’immigrazione puntò esplicita e radicale a garantire il carattere nord europeo, più specificamente “sassone”, della popolazione. Basandosi su “The Passing of the Great Race”, dell’ambientalista e eugenetista Madison Grant, 1916, sottotitolo “The racial basis of European History”: una teoria del razzismo che poneva a base dell’antropologia e della storia. Celebrativa di una “razza nordica”, un raggruppamento antropologico-culturale poco definito ma centrato sulla Scandinavia e l’antico tedesco. Era questo il fulcro, argomentava Grant, un avvocato, dello sviluppo umano.
Grant era un avvocato, ma le sue argomentazioni si
pretendevano scientifiche, e come tali ebbero successo, di pubblico e politico,
nel Congresso che doveva ridefinire la politica dell’immigrazione. Eugenetista,
Grant predicava anche la limitazione dei matrimoni “inter-razziali”, e la
seprazione-eliminazione dei “tipi razziali senza valore”.
Il Johnson-Reed Act, la nuova legge Usa, escluse ogni
immigrazione dall’Asia (l’Africa non era nemmeno presa in considerazione) e
limitò fortemente l’immigrazione dal Sud e dall’Est Europa, con un sistema di
quote basato sull’origine della popolazione naturalizzata nel 1890. A quella
data l’immigrazione dal Nord Europa rappresentava l’80 per cento del totale.
Così gli italiani, che erano arrivati in gran numero successivamente, in media
200 mila l’anno nei dieci anni dopo il 1900, ebbero la quota annua di nuova
immigrazione limitata a 4 mila. Mentre la quota annua per i tedeschi era di 57
mila. L’86 per cento dei nuovi arrivi era riservato ai paesi europei “nordici”,
con le quote più alte per la Germania, la Gran Bretagna e l’Irlanda. Le quote
per l’Italia e gli altri paesi europei erano così restrittive che il saldo
netto fu nello stesso 1924 e successivamente negativo: più italiani lasciavano
gli Usa di quanti vi entravano.
Dieci ani dopo il Johnson-Reed Act,
il programma di eugenetica fu adottato da Hitler. Un programma intensivo di
sterilizzazione di donne affette o portatrici di “stupidità ereditaria” fu
messo in opera, per un numero complessivo di donne sterilizzate non inferiore a
mezzo milione, e secondo alcune stime vicino ai due milioni. Il numero delle
sterilizzazione viene derivato in rapporto ai decessi di donne giovani – la
sterilizzazione aveva un’elevata incidentalità mortale. La ricerca di Gisela
Bock, “Zwangssterilisation im Nationalsozialismus”, cita questionari bizzarri
per la rilevazione della “stupidità ereditaria”. Del tipo: “Dove e di che cosa
vive l’airone africano”.
Fiorentino – Molto in uso in Francia, benché non catalogato dal
Robert, nel senso di “machiavellico”. Forse in ricordo di Caterina dei Medici,
di cui la Francia non ha ancora digerito che l’abbia salvata. In quanto Stato:
monarchia, continuità, unità. E vorrebbe liquidare come una intrigante.
L’uso più diffuso del termine fu in
connessione con Mitterrmnd, che lo usava e ne fu ritenuto specialista. Di lui
Emmnuel Carrère riferisce incidentalmente come, “principe degli spiriti
sottili, spingendo il machiavellismo fino alla stupidità”, si affrettò a
riconoscere il colpo di Stato tentato contro Gorbaciov in vacanza in Crimea nel
1991 da quattro vecchi e balordi generali di cui nessuno ricorda più il nome –
un golpe di cui lo stesso Gorbaciov non si accorse.
Internet – È fiction. È il dilagare della fiction, in tutte le sue forme, dall’autofiction delirante a quella
complottistica.
Si
porta “The Huffington Post” a riprova che l’informazione online paga, è già un
business. È l’unico caso – era, adesso si vede meno. Tuttavia ragguardevole, indubbiamente:
il più influente blog americano, anzi un giornale online molto citato e perfino
rispettato. Con alcuni accorgimenti.
Il
giornale si centrava su Arianna Huffington, di cui la domenica col commento si
mostrava la fotina. Giovane e wasp, mentre era una signora sessantenne e molto
greca, Arianna Stassinopulos. Il che non vuol dire nulla, è molto bello essere
greci, se non che il blog più citato cheats
a sua volta, bara, un pochino. È così: il blog per essere rispettato deve barare,
si conviene che le spari grosse.
Moltiplicando
e dividendolo “The Huffington Post” altre fotine sono state aggiunte all’edizione
italiana e francese, Lucia Annunziata e Anne Sinclair, l’ex moglie di
Strauss-Kahn, ma non hanno funzionato – per difetto di glamour? perché di loro
si sa tutto.
Arianna
risultava fondatrice e direttrice di “The Huffington Post”. Da giovane s’era
fatto un certo nome con una biografia della Callas. Poi si era fermata a un “On
Becoming Fearless....in Love, Work and Life”, il tipico manuale americano della
felicità. L’aveva scritto dopo l’incontro, il matrimonio e gli alimenti di
Michael Huffington, petroliere texano, candidato sfortunato per la destra
repubblicana al Senato federale Usa, sposato nel 1987 e divorziato con
ricchissima liquidazione dieci anni dopo.
Tutto
ciò è molto più interessante dell’Arianna ossigenata della fotina, ma Internet
ama mentire. Non proprio mentire, scantonare: non ha come scopo la verità.
La
fama è durata fino a che “The Huffington Post” non è stato venduto, per 315
milioni di dollari. Veri. Fare 300 milioni in cinque anni, ammesso che 15 diano
serviti a pagare i collaboratori, al netto delle entrate pubblicitarie, questo
però è un “vecchio” miracolo.
Nazibolscevismo – In Germania fu
ampio e duraturo – il sinistra-destra, o nazionalbolscevismo, la destra
specchio (concorrente) della sinistra. Hitler, secondo gli ultimi studi di
Nolte, si ispirò nella costruzione del nazismo all’esperienza sovietica: di un
movimento capace di suscitare fede e entusiasmo con l’intransigenza e la determinazione,
uguaglianza considerando non un livello di ricchezza ma l’uniformità delle
opportunità. Ma, contrariamente a quanto
asserisce Nolte, fu Hitler per primo a imporre l’uniformità del gruppo
dirigente, liquidando i paracomunisti del nazismo poco dopo la sua presa del
potere, Röhm e Gregor Strasser, due anni prima delle grandi purghe
staliniane.
Per
un paio d’anni nel primo dopoguerra, la Germania più che l’Italia fu sul punto
di basculare verso il comunismo. Ma più per la propensione ugualitarista
dell’estrema destra che per la forza dei socialisti sovietizzanti. Il Primo
Maggio 1919 la tensione era alta in Germania, l’attesa era per la proclamazione
a Berlino di una Repubblica Internazionale dei Soviet. Nel 1920 vi furono
proposte in Germania e tentativi di legarsi all’Armata Rossa, che incombeva al
confine della Prussia Orientale e alle porte di Varsavia, per annientare la
Polonia, che contendeva alla Germania la Slesia.
astolfo@antiit.eu
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