Astemio - Fu a lungo
sospetto. Sinonimo d’intollerante e vendicativo. È parola di chiesa: a lungo i
preti astemi furono interdetti dalla messa. Fino al Cinque-Seicento, quando una
serie di sinodi consentì di sfiorare il calice con le labbra, senza bere. Anche se gli ussiti pagarono con migliaia di
martiri il diritto alla comunione in utroque, sotto le due specie, del
pane e del vino, nel 1433.
Ecologia – Il nazismo fu ecologico per primo e in forme anche estreme. Non
solo nelle “buone morti” e nelle nascite selettive, studiate. Hitler non beveva
e non fumava, e non gradiva che si fumasse. La direttiva eugenetica, il famoso
programma Aktion T 4 di eliminazione degli “inadatti” fu l’unico atto, o uno
dei due, che firmò personalmente quale capo di Stato e di governo in dodici
anni. Era un programma di “morti misericordiose”, col primo uso dei gas letali.
Anche i forni crematori si vogliono soluzione igienica e misericordiosa: è tesi
di storici anche accreditati, da ultimo la discusse estensivamente Ernst Nolte.
Hitler si può dire sensibile anche lui alle foglie. Il piano delle morti
misericordiose aveva ben spiegato nel “Mein Kampf”: “Chi non è sano e degno di corpo e di spirito, non
ha diritto di perpetuare le sue sofferenze nel corpo del suo bambino”. Quando le madri protestarono nel 1941 in alcune delle stazioni
dove si trovò a passare in treno, Hitler sospese il programma. Si voleva
infatti anche “portatore
della volontà del Popolo”. Ma il programma proseguì non ufficialmente fino al 1945:
l’ultima vittima è accertata il 29 maggio 1945, un mese abbondante dopo la
resa.
Si
sottovaluta la componente igienista del nazismo, mentre i movimenti naturalistici e giovanilistici furono il suo bacino,
alla pari con quelli nazionalistici. L’urbanista
Theodor Fritsch fu il primo teorico della città giardino, prima di Le Corbusier,
per evitare alla “patria” il destino di pattumiera della “brama di profitto”, e
farne invece “il terreno di una felice esistenza”. Fritsch moriva quando Hitler
prendeva il potere, ma la sua città giardino doveva in primo luogo liberare la
patria dai “barbari asiatici” che l’ingombravano, gli ebrei.
Film si producevano, oggi dimenticati, ma all’epoca prodotti e proiettati in chiave ambientalista anche radicale, di propaganda. “Ewiger Wald”, la foresta perenne, denunciava la deforestazione – la Germania si gloriava di essere stata una foresta impenetrabile, la Foresta Ercinia (la deforestazione era imputata al Sud, al cristianesimo venuto dal Sud, che aveva snaturato la “purezza della razza” nordica e fatto del Nord un deserto). In “Alles Leben ist Kampf” dell’anno successivo, la vita è lotta, gli alberi lottano per accedere alla luce, spingendo le loro cime sempre excelsior, e le “verdi praterie” sgomitano per difendere il loro “spazio vitale”.
Film si producevano, oggi dimenticati, ma all’epoca prodotti e proiettati in chiave ambientalista anche radicale, di propaganda. “Ewiger Wald”, la foresta perenne, denunciava la deforestazione – la Germania si gloriava di essere stata una foresta impenetrabile, la Foresta Ercinia (la deforestazione era imputata al Sud, al cristianesimo venuto dal Sud, che aveva snaturato la “purezza della razza” nordica e fatto del Nord un deserto). In “Alles Leben ist Kampf” dell’anno successivo, la vita è lotta, gli alberi lottano per accedere alla luce, spingendo le loro cime sempre excelsior, e le “verdi praterie” sgomitano per difendere il loro “spazio vitale”.
Glamour - È dannunziano: la ricerca e la pratica l’ha
inventata e realizzata D’Annunzio, per sé stesso. Con altre prim’attrici, Sarah
Bernhardt, Emma Gramatica, Isadora Duncan. E anche con persone, magari allora
ricche, ma che per ogni verso sarebbero le “attricette” o veline di oggi, come Luisa
Casati, che D’Annunzio lanciò, senza arte ma col desiderio inesausto di
primeggiare con la sola apparenza.
Si
lega alle relazioni pubbliche dello star
system, quanto di più contemporaneo, dunque. In genere sotto la forma di
coppia, un lui e una lei che per altri motivi godano di celebrità diverse e le
mettano insieme. Sotto forma di una storia d’amore, naturalmente a tempo, Vieri
o Clooney con una qualche bella donna. Storie di cui non si butta niente, come
del porco: l’avvicinamento, i primi toccamenti furtivi, con fotografo testimone,
la dichiarazione d’amore, l’amore al mare, l’amore in montagna, etc., qualche
volta si fa pure un figlio(ma su questo la pubblicità è ora più resttrirriva),
i primi tradimenti, l’abbandono, la separazione, con o senza lutti. E
ripartenza. Ma non sono una novità. Specie dove l’amore non c’entra, in nessuna
forma.
Arte contemporanea – Sotto forma di
installazioni e di performances è in
realtà quanto di più antico c’è sul mercato. Di queste forme di “arti visive”
se ne sono sempre fatte. Dai circenses
romani, che avevano un loro c anone, anche complesso, specie i gladiatori che
si battevano fino alla morte. Erano installazioni le feste rinascimentali, di
cartone, cartapesta e fuochi d’artificio. Il principe Potiomkin installava
viali alberati e palazzi di cartapesta perché la zarina Caterina potesse illudersi
che l’impero era ricco nelle sue visite. Ange il sovietismo ricostruì a ungo,
fino agli anni 1960, le città storiche distrutte dalla guerra in cartone e
cartapesta, Cracovia per esempio, e il centro di Varsavia.
Luisa
Casati si potrebbe dire regina delle per, già un secolo fa o poco dopo. Dopo
essersi resa famosa come la dona più ricca d’Italia e l’amante di D’Annunzio.
Le biografie la dicono “solita passeggiare con
ghepardi al guinzaglio e pitoni vivi al collo”. Solita magari no, ma l’ha
fatto, più di una volta. Si faceva anche accompagnare da servi seminudi, neri,
dipinti d’oro. A Venezia, fondale preferito per le sue performances prima di Parigi, girò in gondola seminuda. E improvvisò
più volte “scene teatrali” in Piazza – “una volta si presentò in piazza San
Marco con cinquanta figuranti vestiti di bianco e ricoperti di sangue. A Parigi
si fece disegnare da Mariano Fortuny e Paul Poiret abiti orientaleggianti, vaporosi,
disseminati di aigrettes, con
turbante.
Il
moderno non è moderno.
Trilaterale – Si celebrano,
cioè non si celebrano, si fa finta di niente, i quarant’anni della Trilaterale,
oggi defunta ma potente e in fluentissima organizzazione mondiale del grande
capitale.
Creata nel 1973 da Nelson Rockefeller, l’esponente politico
repubblicano liberale della grande famiglia di petrolieri. Lo stesso anno in cui
la banca dei Rockefeller, la Chase Manhattan Bank, propiziava con i suoi studi
la prima grave crisi petrolifera, che avvenne nell’ottobre col taglio dei rifornimenti
e il triplicamento delle quotazioni – la prima grave crisi economica dell’Europa
nel dopoguerra.
Nel disorientamento che seguì, la Trilateral arrivò presto alla
conclusione che le democrazie sono ingovernabili, giornali e intellettuali le
insidiano. Che già turbavano Churchill, bisogna dire - “una banda di spietati
professori dalla mentalità sanguinaria”. E l’Orwell satirico di “1984”: “L’aumento della
ricchezza minaccia le gerarchie mondiali”. La
Trilateral discusse le limitazioni della democrazia: gli affari (l economie) andrebbero
meglio per tutti se operai, neri e poveri contassero meno.
Nel 1975 l’Avvocato Agnelli,
presentando il rapporto della Trilaterale, redatto da Zbigniew Brzezinsky, dal
titolo “La crisi della democrazia”, disse che la prima esigenza era “definire
la «governabilità»”. La conflittualità trasformando in cooperazione. Col “Federalist”
a supporto, il giornale che aveva accompagnato la costituzione americana,
nonché con John Stuart Mill e Ralph Dahrendorf. Altrimenti è la “democrazia
anomica”, al meglio un “consenso senza scopo”.
Samuel Huntington, il teorico della Trilateral, nome biblico, profeta
dello scontro di civiltà, si sarebbe potuto dire peraltro egli stesso manifestazione
della pericolosità degli intellettuali. O Brzezinsky, il futuro segretario di
Stato di Carter cui si dà la paternita della scelta del cardinale Woytiła a
papa Giovanni Paolo II.
astolfo@antiit.eu
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