Le lungaggini e l’inconcludenza colpiscono il
Parlamento più che la magistratura e la burocrazia - che su di esse fondano invece
il loro potere, essendo insindacabili. Più insidiosa della corruzione per la
buona politica, l’inefficienza è però voluta espressamente dai fautori più
accesi del parlamentarismo, i 5 Stelle, Sel e i resti dell’estrema sinistra.
Non è un paradosso, né l’effetto dell’insipienza di cui si gratificano i nuovi
movimenti: è il fronte più forte (più debole) dell’antipolitica.
Paradossale è che il Pd difenda questo
parlamentarismo degli antiparlamentaristi. Vuoto, cioè così com’è. Unicamente
inteso a impedire un governo stabile, immune alle camarille, eletto dal voto, e
protetto dalla Costituzione (la mozione di sfiducia). Con dubbi, distinguo e
pretesti che ne denunciano l’opportunismo, da partito della crisi: il Parlamento finisce per avere una sola
funzione, di destabilizzazione. Non fa le leggi, non sa farle. E quando gliele
impongono ne discute senza costrutto per mesi e anni. Fino a che non le ha rese
inapplicabili - salvo per gli effetti che all’insondabile burocrazia servono a
perpetuarsi.
La Repubblica bene ordinata esige, da alcuni millenni
ormai, funzioni politiche distinte. E al Parlamento quella di controllo.
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