Semplice e
sensazionale: una casalinga padrona di Milano, o una calabrese. Originale per questo,
rispetto ai tanti libri di mafia - lo stereotipo della donna del Sud è sempre
invadente. Fra le tante apologie di mafia sugli scaffali è senz’altro la più action
movie ma anche la più “umana”, con la rispettabile Inghilterra, madre
giudiziosa, sullo sfondo, e gli amori irrefrenabili, specie quello
filiale-paterno.
Contrariamente alla presentazione, quello di
Marisa Merico non è un romanzo, è un sorta di “inno alla gioia” mafioso.
Altrettanto quanto le confessioni di suo padre Emilio Di Giovine, mafioso
stanco, come la sorella Rita, sono dolenti. Marisa è la figlia di primo letto
di Emilio, con una giovane inglese di buona famiglia. Cresce col padre fino a
diventarne la “delfina”, la sostituta nei suoi lunghi periodi di carcerazione.
Ma non tanto da non tirarsene fuori a tempo. O è un romanzo-verità, di sostanze
(fatti, personaggi) dure, senza la leggerezza della fantasia che allevia pure l’horror,
non rituali. Maria Serraino, qui sempre la Nonna, con rispetto, con affetto, fu
a suo modo un’imprenditrice di grande successo. Spietata quanto ogni altro
imprenditore di successo. Per l’autrice, quella del padre e della nonna fu “una scuola privata”. Lo avverte quando, al carcere duro in
Inghilterra a 24 anni, madre di una figlia di pochi mesi, si scopre combattiva.
Una che non molla, tra regolamenti severissimi e compagne di mensa e di doccia
cattivissime (pluriomicide, serial killer, assassine di bambini, anche dei
propri figli). In questa scuola privata, si rende conto, “dovevi essere forte”.
E così pure si scopre alla fortuita liberazione pochi anni dopo: “Ero stata stoica
e forte, e decisi di restare tale per sopravvivere all’esterno”. Diventando
scrittrice, di successo.
Nell’originale inglese Marisa è una
“mafia princess”. Non a torto, a parte le foto lusinghiere a colori di cui
adorna il libro. È una mafia vera, la sua, intenta al business, che è la vera sostanza della ‘ndrangheta, come della
mafia e della camorra - senza cioè le ridicole iniziazioni, i rituali, i giuramenti
che fanno la gioia dei giudici e dei giornalisti, supremo diletto sembra dare questa
ermeneutica povera. Affari, condotti con serietà, con semplicità, seppure col
kalashnikov a portata di mano. E poi col pentimento. Marisa altrettanto
determinata della nonna Maria, e sempre senza rimorsi. Anche se, certo, da
poliglotta cosmopolita.
Più di tutto, in fatto di generi, il “romanzo” di Marisa Merico sembra un memoriale, una narrazione partorita da un avvocato. Con l’amore
paterno assorbente, del padre e della nonna, della famiglia, come attenuante.
Per più indizi non convincente: la droga transita da un porto di Gioia Tauro
che ancora non esisteva, si fanno lunghi viaggi in quattro e con un carico di
contrabbando nella vecchia 500, l’ortografia è sbagliata, nell’originale, di
quasi tutti i termini italiani. E tuttavia è una forte storia, della Milano
vera, della famiglia in Calabria e, sorprendentemente, senza eccessi, della
vita carceraria.
Marisa Merico, L’intoccabile, Sperling & Kupfer, pp, 271 € 18
Ombretta Ingrascì, Confessioni di un padre, Melampo, pp. 185 € 13
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