“Confessione delirante” Sainte-Beuve ddefinì
questi punti pubblicandoli nel 1862, e come tale furono a lungo conosciuti. Una
quindicina di fogli autografi, poi ribattezzati “Canti di tristezza”. Più una
pagina trascritta da un segretario, che in sede critica è stata valutata come un
appunto per una riedizione di “René” e titolata “Un vecchio René”. Ma in realtà
trasfusi nella “Vita di Rancé”, spiega Ludovica Cirrincione d’Amelio che questa
pubblicazione cura, in originale e traduzione: sotto la specie di un’agiografia
del fondatore della trappa, l’abate di Rancé, la sua ultima opera,
Chateaubriand monta una “grande orchestrazione di silenzio e di morte”.
Un addio alla vita, così l’attivissimo
scrittore visse la vecchiaia. E tuttavia possessivo, retrospettivamente ma
anche nel suo attuale stato: non può concepire un amore che non sia assoluto,
intollerante d’un solo sguardo distratto. Una vecchiaia amara ma non di
rinuncia: è la pena del romanticismo eterno.
François-René de Chateaubriand, Amore e vecchiaia, Robin, pp. 71 € 5
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